In una delle pagine più oscure della cronaca ambientale italiana, la splendida Costa di Piscinas, nel comune di Arbus, diventa teatro di un disastro di proporzioni terrificanti. I residui rossi, altamente inquinanti, delle lavorazioni minerarie passate, si stanno riversando nello splendido mare della Costa Verde, trascinati dalle acque del Rio Irvi. Il materiale, colmo di metalli pesanti cancerogeni, sta trasformando il blu cristallino del mare in un allarmante rosso sangue.
Questo fenomeno, purtroppo, non è nuovo. Da quando le miniere della zona sono state chiuse nel 1991, i segnali di allarme lanciati dal Rio Irvi erano evidenti e ignominiosamente ignorati.
La situazione attuale è il culmine di decenni di negligenza, un'escalation disastrosa che ha trasformato un paradiso naturale in una bomba ambientale a orologeria.
Il disastro di Piscinas è solamente la punta dell'iceberg di un problema molto più ampio che affligge la Sardegna, regione tra le più inquinate d'Italia, dove le bonifiche ambientali sembrano essere un concetto sconosciuto. Luoghi come Portovesme, Ottana, Macchiareddu, Furtei, Iglesias, Carbonia, e Sarroch sono solo alcuni degli esempi di aree vittime di contaminazioni simili, dove le popolazioni locali soffrono di alte incidenze di tumori.
Questo scenario apocalittico solleva interrogativi urgenti sulla gestione delle eredità industriali e sulle politiche ambientali, spingendo alla riflessione sull'importanza di preservare i tesori naturali e sulla salute delle comunità. Il mare rosso di Piscinas è un monito, un grido d'allarme che non può più essere ignorato. L'abisso di negligenza e inerzia in cui siamo precipitati richiede una risposta immediata e azioni concrete per fermare l'agonia della nostra terra e garantire un futuro sostenibile.