Arcidiacono (430), consigliere di Celestino I e di Sisto III, inviato da Valentino a pacificare le Gallie, venne eletto papa nel 440 circa. Fu un papa energico, avversò le sopravvivenze del paganesimo; combatté manichei e priscillanisti. Intervenne d’autorità nella polemica cristologica che infiammava l’Oriente, convocando il concilio ecumenico di Calcedonia, nel quale si proclamava l’esistenza in Cristo di due nature, nell’unica persona del Verbo. Nel 452 fu designato dal debole imperatore Valentiniano III a guidare l’ambasceria romana inviata ad Attila. I particolari della missione furono oscuri: è solo che il re degli Unni, dopo l’incontro con la delegazione abbandonò l’Italia. Quando Genserico nel 455 entrò in Roma, Leone ottenne dai Vandali il rispetto della vita degli abitanti, ma non poté impedire l’atroce saccheggio dell’Urbe. Dotato di un alto concetto del pontificato romano, fece rispettare ovunque la primazia del vescovo di Roma. Compose anche preghiere contenute nel “Sacramentario Veronese”. Benedetto XIV, nel 1754 lo proclamò dottore della Chiesa, E’ il primo papa che ebbe il titolo di Magno (Grande).
L’immagine più popolare di san Leone Magno è quella dipinta da Raffaello nella sala di Eliodoro in Vaticano, dove il papa muove solennemente a cavallo della mula bianca verso Attila che nel 452, accampato sulle rive del Mincio, si accinge a occupare l’Italia e a scendere fino a Roma per saccheggiarla. Mentre si avvicina al re degli Unni, Leone I accenna al cielo dove, tra le nuvole, appaiono i santi Pietro e Paolo. Una scena simile, ma con il papa a piedi e non sulla mula, fu scolpita dall’Algardi (XVII secolo) nella cappella della Colonna a San Pietro dove furono traslati i resti del santo dopo la costruzione della nuova basilica. Secondo la leggenda Attila avrebbe deciso di ritirarsi di là dal Danubio vedendo in cielo, sopra il pontefice, Pietro e Paolo con la spada sguainata. Ma in realtà non si conosce bene il motivo della sua decisione: forse temeva di fare l’infelice fine di Alarico oppure era preoccupato del generale Ezio che stava per accorrere in Italia.
Nel 1754 Benedetto XIV lo proclamò Dottore della Chiesa sebbene Leone sia stato non tanto il teologo nel senso pieno del termine, ovvero lo speculativo puro, quanto il Pastore intento a salvaguardare la purezza della fede offrendone un’esposizione fedele e adeguata ai fini pratici della catechesi. Esposizione che si valeva di uno stile che fu definito «lucida velocitas» a indicare l’eleganza del suo ritmico periodare, secondo l’usanza del suo tempo, dove tuttavia non si avvertiva la ricercatezza che oscurava il senso in altri scrittori suoi contemporanei. Il suo stile divenne nel medioevo persino proverbiale e venne assunto come modello per riportare gli scritti pontifici all’antica eleganza della prosa leoniana, detta anche «cursus leoninus», che influì in modo determinante non solo sul latino ecclesiastico ma anche su quello della letteratura fra l’XI e il XIV secolo.