Nella chiesa di sant' Antonio a Cagliari fin dall'inizio del 1600 ebbero sede due floridi Gremi, quello dei "sarti" e quello dei "carradori". Il gremio dei sarti aveva come patrono sant'Omobono il cui quadro si trovava nella la seconda cappella a destra, dove oggi è posizionata l'immagine della Madonna d'Itria. Il 13 novembre viene ancora oggi celebrata la sua festa, con grande partecipazione di maestri sarti, di apprendisti e delle loro famiglie.
Sant'Omobono è un santo tanto modesto quanto esemplare: non apparteneva alle gerarchie ecclesiastiche ma era laico e mercante. Un santo che può essere preso come simbolo della rinascita economica politica e spirituale dell'Italia dopo il Mille e della civiltà comunale sviluppatasi intorno alle città attive e laboriose, libere e coraggiose.
Una bellissima tela di grandi proporzioni che lo rappresenta nel distribuire una camicia ad un bambino tenuto in braccio dalla mamma è esposta nell'ufficio del Presidente dell'Arciconfraternita.
Omobono nacque a Cremona, in Lombardia, nella prima metà del XII secolo; il padre era sarto e, battezzandolo, gli diede il suo nome, che significa "uomo buono".
Pur non frequentando la scuola, imparò dal padre come condurre l'attività commerciale diligentemente e onestamente, senza compromettersi in nessun modo; quando alla fine ereditò l'attività del padre, considerò il mestiere un dono di Dio e un mezzo per servire la famiglia e la società di cui faceva parte. Si sposò, e sembra che abbia avuto diversi figli, anche se la coppia è presentata piuttosto negativamente nel racconto pervenutoci; forse si tratta di uno stratagemma agiografico per accrescere il valore delle virtù del santo, poiché probabilmente la famiglia era contraria al fatto che elargisse i loro beni ai poveri.
Ma nel pensiero di questi coniugi, e soprattutto nel loro comportamento, c’è come un profumo di Chiesa primitiva: possiamo dire che anch’essi continuamente "depongono ai piedi degli apostoli" denaro guadagnato col commercio, come avveniva nella piccola comunità di Gerusalemme. Non negli scritti e nemmeno in discorsi che nessuno ci ha tramandato, ma con questi gesti precisi e continui Omobono rivela la sua chiara concezione circa il denaro che guadagna: su di esso hanno precisi diritti i poveri. Le monete sono mezzi d’intervento per il soccorso alla miseria.
All’alba di un giorno d’autunno, in una chiesa cremonese accade un fatto impressionante. Un cittadino molto popolare e amato, Omobono Tucenghi, è come sempre al suo posto per partecipare alla Messa. Ma a un tratto lo si vede impallidire, afflosciarsi, e chi per primo cerca di soccorrerlo s’accorge che è già morto.
D’improvviso, senza un lamento, senza soffrire. La morte serena che ognuno si augura.
I concittadini lo venerarono subito come santo, e Siccardo, vescovo di Cremona, che si recò personalmente a Roma per presentare la causa di canonizzazione, scrisse nella sua cronaca: «A quel tempo, a Cremona, viveva un uomo semplice, molto fedele e devoto, che si chiamava Omobono; alla sua morte, e con la sua intercessione, Dio fece molti miracoli».
Papa Innocenzo III (1198-1216), pienamente soddisfatto dell'inchiesta ufficiale sulla vita e i miracoli, canonizzò Omobono dopo soli due anni, nel 1199.
Patrono dei sarti e dei tessitori, il culto si sviluppò rapidamente non solo in Italia, ma anche in Germania (dove diventò noto come "Gutman"), oltre che in Francia. Esistono alcune chiese in suo onore a Roma, in Italia settentrionale, in Germania meridionale, in Spagna e in Belgio.
Omobono rappresenta una rarità, per due motivi: primo, fu canonizzato pur essendo laico, canonico e uomo di famiglia allo stesso tempo, in un periodo in cui, a parte i martiri e i re, i candidati alla canonizzazione erano religiosi professi; in secondo luogo, il culto fu riconosciuto, non solo localmente, ma anche a Roma.