Numeri proibiti e fantasmi del passato: La follia della censura colpisce anche le maglie

Nell'arena dell'assurdo che ormai governa il nostro tempo, si assiste ad una nuova storia politicamente corretta. Parliamo di una maglia, sì, proprio quel capo di tessuto che si indossa per sudare sui campi di calcio, ora al centro di una controversia che rasenta l'irreale. Adidas, colosso dell'abbigliamento sportivo, si ritrova nel bel mezzo di una bufera per aver disegnato una maglia della nazionale tedesca con dei numeri che, a detta di alcuni, evocano simboli nazisti. Partiamo dai fatti: una maglia, quella della nazionale tedesca, che per un capriccio del destino e per una scelta di design discutibile, si trova ad essere accusata di veicolare simbologie proibite. La runa S, evocata dal numero 4, e il temuto 44 che riporterebbe alla mente le SS, hanno scatenato un putiferio tale da costringere la DFB a rivedere il design e a proibire la personalizzazione con il fatidico numero. E qui scatta l'indignazione di chi, con gli occhiali della ragionevolezza ben piantati sul naso, si chiede: ma davvero siamo arrivati a censurare una maglia per un numero? Evidentemente sì, in un'epoca in cui il simbolo sembra avere la meglio sulla sostanza, e la paura di evocare fantasmi del passato conduce a decisioni che a una mente lucida appaiono come minimo bizzarre. Si grida al sacrilegio, alla blasfemia contro la storia, contro il buon gusto. Ma lasciatemi dire, in questo circo dell'assurdo dove ogni giorno è possibile assistere a nuove acrobazie della sensibilità moderna, la vera questione sembra essere sfuggita a tutti: da quando in qua un numero, un mero simbolo grafico, può essere investito di tali poteri malefici da richiedere un intervento censorio? Non ci troviamo forse di fronte all'ennesimo episodio di quella che potremmo chiamare la tirannia del politicamente corretto, dove per non offendere, per non evocare, per non disturbare, si finisce per annacquare il senso stesso della realtà? Adidas, col suo passato glorioso di collaborazioni con la nazionale tedesca, si ritrova a fare i conti con la paranoia collettiva, in un'epoca in cui sembra che la storia possa essere riscritta con un tweet, un post, un'indignazione collettiva scatenata per un numero su una maglia. In questo scenario, dove le maglie vengono censurate e i numeri diventano nemici pubblici, mi chiedo se non stiamo perdendo di vista quello che realmente conta. La storia, con i suoi orrori, dovrebbe insegnarci a riconoscere i veri nemici, non a combattere contro mulini a vento. Eppure, qui siamo, a discutere se il design di una maglia possa o meno evocare simboli proibiti, mentre il mondo reale, con le sue sfide ben più concrete e pericolose, sembra scorrere indifferente a questo delirio collettivo. Forse, è il caso di fermarsi un momento, alzare lo sguardo dai numeri su una maglia e chiedersi: davvero, è questa la battaglia che vogliamo combattere?

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