A distanza di sei anni dalle scene del latte versato sull'asfalto della 131, i pastori sardi sono costretti a tornare in piazza per farsi ascoltare. Venerdì 21 marzo centinaia di allevatori e agricoltori sfileranno con trattori e auto, convergendo da Ottana e Sologo sulla statale 131 DCN a Nuoro, per denunciare ancora una volta una crisi agricola che non è mai stata risolta.
Questa protesta, pur giusta e necessaria, rischia però di apparire soltanto come l'ennesima manifestazione-spot, destinata a fare rumore solo per qualche ora, senza incidere davvero sulla politica regionale. Dove sono le associazioni di categoria che dovrebbero rappresentarli nelle stanze della Regione? Perché gli allevatori devono ancora una volta lasciare pascoli e stalle e scendere personalmente in strada?
Nel frattempo, nella sala della presidenza del Consiglio regionale, la maggioranza della governatrice Alessandra Todde discute di una finanziaria che, secondo l'opposizione, "arriva tardi e non dà risposte". Il vertice di maggioranza oggi ha cercato soluzioni per redistribuire quei pochi fondi disponibili (appena 300 milioni di euro per quest’anno), mentre il consigliere di Fratelli d'Italia Fausto Piga lancia una sfida diretta alla presidente: «Dia una sforbiciata ai suoi poltronifici e trovi risorse concrete per le famiglie e per le imprese». Ma la sensazione generale, anche nell'intervento del riformatore Umberto Ticca, è di totale insufficienza di questa manovra: «Non c'è nulla di concreto per aiutare una sanità ormai allo stremo, né un reale sostegno agli enti locali».
Parole dure che suonano come un monito: mentre dentro i palazzi regionali si discute di equilibri politici, poltrone e audizioni infinite, fuori dai palazzi la Sardegna delle campagne brucia silenziosamente. Se non cambiano metodo e passo, la protesta rischia di restare soltanto l’ennesimo sfogo di una categoria esasperata e dimenticata, lasciata a combattere da sola una battaglia che dovrebbe essere di tutta la Sardegna.