Il treno a idrogeno e la politica della convenienza: tra rimodulazione, tattiche elettorali e paralisi amministrativa


Il dibattito sul collegamento ferroviario a idrogeno tra Alghero e l’aeroporto di Fertilia si trascina da mesi in un limbo di dichiarazioni, accuse e ripensamenti. La questione, nata come un progetto ambizioso per innovare la mobilità regionale sfruttando fondi del PNRR, si è trasformata in un'arena politica dove ogni schieramento interpreta la realtà a seconda delle proprie necessità contingenti. Per alcuni è un’opera da difendere a ogni costo, per altri una sperimentazione costosa e potenzialmente dannosa da rivedere, per altri ancora un mero pretesto per attaccare l’amministrazione comunale senza mai arrivare a una soluzione concreta.

Nel mezzo, una certezza: mentre la politica discute, il territorio attende risposte.

La recente assemblea pubblica di Santa Maria La Palma ha chiarito un punto fondamentale: il territorio non rifiuta l’infrastruttura ferroviaria in sé, ma chiede una revisione del progetto per ridurne l’impatto e i costi. “Si all’infrastruttura ma rimodulando il progetto”, è stato il messaggio unanime emerso dall’incontro, con un focus sulle criticità ambientali e sui rischi legati alla gestione dell’idrogeno. Il problema, però, non è solo tecnico: è eminentemente politico.

Il paradosso di questa vicenda sta nell’atteggiamento ondivago degli attori politici, che si posizionano strategicamente a seconda della piega che prende il dibattito. Fintanto che la popolazione solleva perplessità, il fronte della rimodulazione si rafforza. Ma se domani il vento dovesse cambiare e il progetto riprendesse vigore, gli stessi che oggi difendono il “no all’idrogeno” potrebbero trovare modo di rivedere le proprie posizioni.

Il comunicato di Forza Italia si muove su questa linea, chiedendo “una presa di posizione chiara” e attaccando l’amministrazione per la sua indecisione. “Basta tentennare. Si convochi con urgenza la Commissione speciale”, chiedono i consiglieri Tedde, Caria, Peru, Bardino e Ansini, lamentando la mancata operatività dell’organismo istituito per esaminare il progetto. Secondo loro, “le differenti posizioni sul tema da parte dei gruppi di maggioranza non hanno consentito al Consiglio di esprimersi”, lasciando il Comune in una posizione di impasse.

Un attacco frontale al sindaco Cacciotto, accusato di nascondersi dietro la sua stessa coalizione: “Comprendiamo le difficoltà del Sindaco Cacciotto. A capo di una coalizione che lui si sforza maldestramente di rappresentare come un insieme di partiti con i medesimi valori, vedute e progetti”. Il problema è chiaro: più che una valutazione tecnica sul treno a idrogeno, il vero nodo è l’equilibrio politico interno alla maggioranza, dove le diverse anime della coalizione faticano a trovare una sintesi.

Un altro elemento chiave della vicenda è la narrazione sulla rimodulazione. I fedelissimi dell’attuale amministrazione e dei suoi alleati hanno adottato una strategia singolare: difendere il progetto, ma allo stesso tempo negare che la sua forma attuale sia quella giusta. Da qui, l’improvvisa apertura alla possibilità di modificare il piano, quasi a voler dire: non stiamo bocciando l’iniziativa, ma siamo noi a volerla migliorare.

Ma se davvero l’ipotesi dell’idrogeno fosse così vantaggiosa, perché parlare di rimodulazione? L’argomento diventa un boomerang, perché nel momento in cui si ammette che servono modifiche sostanziali, si legittima anche il dubbio iniziale: era davvero la scelta giusta?

Non a caso, anche a livello europeo emergono perplessità sui treni a idrogeno, con la Germania che ha ridimensionato i suoi investimenti in questa tecnologia, privilegiando altre soluzioni più pratiche e meno onerose. Il paradosso è che, mentre si usano questi dati per giustificare la rimodulazione, gli stessi argomenti vengono ignorati quando servono a mettere in discussione il progetto nel suo complesso.

Il vero problema, tuttavia, resta politico. La Commissione Speciale istituita per valutare la questione non ha ancora iniziato i lavori, ufficialmente per problemi organizzativi legati a emergenze ed imprevisti personali degli attori coinvolti, qualcuno dice, ufficiosamente, per difficoltà nella nomina univoca della stessa commissione del presidente. Ma se la maggioranza crede davvero nella rimodulazione, perché non ha già prodotto atti concreti? Se davvero si vuole correggere il tiro, il tempo stringe: la Regione ha concesso una proroga di sei mesi per concludere l’iter della PAUR (Procedura di Autorizzazione Unica Regionale), con scadenza il 7 luglio.

L’impressione è che la mancata attivazione della Commissione sia frutto di un calcolo politico: finché la questione rimane sospesa, ognuno può continuare a giocare la propria partita senza esporsi troppo. Ma prima o poi arriverà il momento delle scelte, e chi oggi cavalca il malcontento per la sperimentazione dovrà spiegare perché non ha fatto nulla di concreto per fermarla.

Il progetto del treno a idrogeno è diventato il terreno di scontro perfetto per una politica che vive di ambiguità: chi oggi si oppone potrebbe trovarsi domani a difendere una versione leggermente modificata dello stesso piano, mentre chi lo sostiene oggi potrebbe in futuro scaricarlo per opportunità elettorale.

Nel frattempo, Alghero rimane con un problema irrisolto: un collegamento ferroviario ancora inesistente e una decisione politica che nessuno vuole prendersi la responsabilità di assumere. Finché si potrà tergiversare, si tergiverserà. E se il progetto dovesse naufragare, ognuno potrà dire di averci provato, scaricando la colpa su qualcun altro.

Il vero rischio non è che il treno a idrogeno venga realizzato o meno, ma che ancora una volta la politica si dimostri incapace di decidere qualcosa che vada oltre il proprio tornaconto.

Politica

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