Un territorio di oltre duecentomila abitanti si scopre privo di certezze sul fronte dell’emergenza-urgenza. Il Pronto Soccorso dell’Ospedale Civile di Alghero, già da tempo in affanno, oggi si trova a un passo dal collasso. La denuncia arriva da Michele Pais, ex presidente del Consiglio regionale e attuale capogruppo della Lega in Consiglio comunale, che non usa mezzi termini: “Il rischio di chiusura è tutt’altro che un’ipotesi”. Ma prima ancora dell’allarme, c’è una storia di decenni in cui la sanità algherese è stata promessa, riformata, gestita e infine abbandonata.
La crisi del Pronto Soccorso non nasce ieri. Durante la legislatura guidata dal centrodestra regionale (2019-2024), l’idea di fondere gli ospedali di Alghero e Ozieri in un presidio di primo livello rimase bloccata tra burocrazie, tagli e mancanza di visione. Mentre si discuteva su tavoli regionali, nei corridoi degli ospedali medici e infermieri facevano i conti con turni infiniti, carenza di specialisti e reparti depotenziati. L’Ospedale Marino, simbolo della chirurgia ortopedica sarda, veniva svuotato lentamente, fino a ridursi a struttura ancillare, con sale operatorie chiuse per anni, riaperte solo di recente.
Nel 2024 il cambio di giunta regionale, con l’arrivo del centrosinistra guidato da Alessandra Todde, aveva suscitato aspettative. La riforma sanitaria avviata nei primi mesi del nuovo governo regionale ha però innescato nuove polemiche. Secondo le opposizioni, tra cui Lega e Fratelli d’Italia, la riforma sarebbe stata costruita più su logiche politiche che sanitarie, con nomine dirigenziali al centro di uno spoil system e nessun vero rafforzamento della medicina territoriale o ospedaliera. Il Pronto Soccorso di Alghero, invece di essere salvato, ha perso ulteriori medici. I turni sono diventati insostenibili, le attese infinite, i pazienti esasperati.
Non a caso anche i sindacati hanno alzato la voce: la mobilitazione del comparto sanitario, in corso a Sassari e in tutta l’area nord-occidentale, prelude a uno sciopero generale. A farne le spese è un territorio già penalizzato dalla distanza da Cagliari e Olbia, che rischia di perdere anche il diritto alla tempestività delle cure. Alghero, a dispetto della sua centralità economica e demografica, oggi non può contare su un Pronto Soccorso pienamente operativo.
In questo contesto, la denuncia di Michele Pais rappresenta un grido di allarme ma anche un atto d’accusa verso l’attuale maggioranza regionale. Di seguito la dichiarazione integrale del capogruppo della Lega: “La situazione dell'ospedale Civile di Alghero, nonostante il grande lavoro della illuminata dirigenza della Asl e del personale sanitario, da qualche tempo è precipitata. Oggi il rischio di chiusura del pronto soccorso di Alghero è tutt'altro che un'ipotesi. Dopo aver fatto i salti mortali per assicurare medici e personale sanitario, l'assenza della Regione e la schizofrenia della politica sanitaria della giunta Todde in un anno e mezzo ha saputo partorire una riforma sanitaria illegittima, e che verrà impugnata dal Governo, all’unico scopo di attuare un rozzo spoil system, la perdita di ben tre medici nel solo pronto soccorso. Chi è rimasto è costretto a turni massacranti, ma che a breve non sarà più in grado di assicurare. La chiusura è dietro l'angolo. Altro che declassamento dell'ospedale Marino, oggetto di un volgare risiko di potere, destinato ancora una volta alla chiusura come 6 anni fa. Ora vengono messi a rischio i livelli minimi di assistenza per un territorio di 200.000 abitanti che mette in crisi l’hub ospedaliero di Sassari. Ad oggi si vive ancora della programmazione della passata consigliatura, sia in termini di risorse stanziate per infrastrutture e tecnologia, sia in termini di personale che invece di aumentare continua a diminuire. Una situazione non più sostenibile denunciata anche dai sindacati che hanno programmato un imminente sciopero generale. La luna di miele e il rodaggio sono ormai finiti, dei sardi non possono più sopportare un’agonia di una giunta regionale e di una maggioranza decotti.”
Il grido d’allarme è stato lanciato. Ora la politica regionale è chiamata a dare risposte immediate e verificabili. Perché il tempo, in medicina come in politica, è spesso questione di vita o di morte.