Certi errori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Quest’anno mai dare il Milan per guarito, perché è esercizio di pura illusione. Cambiano gli allenatori, si ingrossa la bacheca, ma un determinato tipo di problemi resta, resiste e appesantisce una volta di più la classifica. Il pareggio col Cagliari è gelido come la notte di San Siro perché guasta le magnifiche sensazioni di Riad e perché lascia in dote al Diavolo l’ennesima occasione sprecata per rosicchiare punti in chiave Champions: i pareggi di Lazio e Juve avrebbero dovuto essere santificati e invece le distanze restano invariate.
Ma se il Milan non riesce a vincere in casa (un solo successo nelle ultime sei uscite al Meazza in campionato) diventa un problema. E’ amaro il debutto in campionato sulla panchina rossonera di Conceiçao, costretto a osservare le stesse brutture della versione precedente: errori capitali sotto porta e ripartenze avversarie imbarazzanti. Il Cagliari quest’anno è particolarmente amaro per i rossoneri: alle imprese di Madrid e Riad sono seguiti due pareggi tristi contro i rossoblù, che conquistano un punto d’oro per la salvezza e danno continuità dopo la vittoria di Monza. Conceiçao non ha smentito le ipotesi della vigilia, ovvero Calabria (niente fascia, rimasta sul braccio di Maignan), Tomori e Thiaw centrali, Musah in mediana con Fofana, Reijnders dietro Morata e il ritorno di Leao dal primo minuto. Okafor, promesso sposo del Lipsia, non convocato (così come Rashford a Manchester). Nicola ha preferito Adopo a Deiola, Viola a Gaetano e Felici ad Augello. Attacco affidato a Piccoli e in porta debutto per il nuovo arrivato Caprile, che nei primi venti minuti è rimasto con la testa sott’acqua senza mai prender fiato di fronte a un Milan altissimo e feroce in tutte le sfumature possibili: nella pressione, nei raddoppi, sulle seconde palle. Al Cagliari va dato il merito di essersi raccolto, costretto a farlo, più che altro, in un fazzoletto corto e con pochissimi spifferi, ma per oltre metà del primo round è mancata totalmente la fase offensiva.
Il Milan in mezzo al campo ha costruito una gabbia con Musah, Fofana e Reijnders, veloce a irrobustire la mediana in fase di non possesso, che ha ucciso nella culla qualsiasi ambizione sarda. Adopo e Makoumbou sono finiti nella ragnatela rossonera e gli sbocchi sulla corsia preferita, la destra, sono arrivati col contagocce.
Venti minuti di monologo rossonero dunque. La novità più evidente? Un giro palla finalmente veloce, una squadra dall’aspetto frizzante e mentalmente carica, che ha cercato sia l’ampiezza sia la profondità, consegnando in qualche caso la regia avanzata nelle terre centrali a Leao. Servirà lavorarci ancora su ma, al di là della posizione, per Rafa Leao un corposo passo indietro rispetto alle bollicine di Riad. Il Diavolo ha mosso il pallone rapidamente, ma è mancato in concretezza e viene da pensare che possa essere successo addirittura per eccesso di autocompiacimento dopo le imprese arabe. Paradosso clamoroso: la squadra che aveva paura della propria ombra diventata un gruppo alla ricerca dell’estetica. Una piacevolezza per gli occhi che non ha quindi prodotto una resa offensiva proporzionale, anche per eccesso di frettolosità nelle scelte degli ultimi trenta metri: Theo alto di un soffio (14’), un sinistro di Pulisic (18’) e un destro di Reijnders (19’) bloccati con un filo di affanno da Caprile. Un copione strano, anche perché fino a quel momento l’unica vera palla gol era finita sui piedi di Viola (6’). Intorno al 25’ i rossoneri hanno perso propulsione, diminuendo i giri e permettendo al Cagliari di mettere fuori il naso. Merito soprattutto di Adopo, che ha fatto salire la squadra di diversi metri e liberato più volte la corsa di Zortea, anche se l’occasione più limpida è arrivata sul versante opposto: un destro a giro eseguito magistralmente da Felici con altrettanto magistrale volo di Maignan.
Il Milan ha provato a iniziare la ripresa così come aveva approcciato il primo tempo e il copione ha funzionato. Prove generali al 47’ con una traversa di Pulisic e match stappato quattro minuti più tardi con Morata, veloce ad anticipare Palomino dopo un flipper tra Caprile e palo su tiro al volo di Pulisic. Quella che pareva una strada in discesa però è tornata subito un percorso accidentato: i rossoneri, installati nella metà campo sarda alla ricerca del colpo del ko, hanno perso palla (malissimo Fofana) e preso gol su ripartenza secca quattro contro tre. Blasfemia calcistica, certi vizi sono duri a morire. Rete firmata da Zortea e gentilmente agevolata da Maignan, che si è disteso goffamente sul destro dell’esterno rossoblù. All’ora di gioco dentro Abraham (Musah) e Jimenez (Calabria), ma il Milan ha proseguito a sbattere contro il muro sardo, anche perché il Diavolo ha iniziato a riversare in area una quantità industriale di cross lenti e leggibili. Anche queste, scene già viste. Il resto l’ha fatto Caprile, ma soprattutto le scelleratezze rossonere sotto porta: prima Pulisic e poi Abraham, a tu per tu col portiere rossoblù, si sono fatti ipnotizzare. Due errori gravi, soprattutto quello dell’inglese. L’ultimo sussulto è stato un siluro su punizione di Hernandez allo scadere, murato da Caprile. Poi, sipario e qualche fischio dagli spalti.