Se la politica estera di Donald Trump fu un campo di battaglia acceso, la sua presidenza si scontrò con sfide interne altrettanto tumultuose, che culminarono in uno degli eventi più controversi della storia americana: l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Ma prima di arrivare a quel momento, è necessario capire come le tensioni politiche, sociali ed economiche maturarono nel corso del suo mandato, dividendo profondamente il Paese e definendo la sua presidenza.
Trump arrivò alla Casa Bianca promettendo di combattere il “Deep State”, quello che descriveva come un sistema elitario e corrotto che lavorava contro gli interessi del popolo americano. La sua retorica lo rese un leader amato dalla base elettorale, ma allo stesso tempo attirò un’opposizione feroce. La polarizzazione politica raggiunse livelli senza precedenti, con i Democratici e parte della stampa che attaccavano ogni mossa dell’amministrazione. Questo scontro si tradusse in una serie di eventi che segnarono la presidenza, dai due procedimenti di impeachment fino al crescente movimento di protesta che prese piede nelle strade delle città americane.
Uno dei momenti più difficili per Trump fu la gestione della pandemia di COVID-19, che esplose negli Stati Uniti all’inizio del 2020. L’amministrazione fu criticata per la risposta iniziale, giudicata lenta e frammentaria. Trump minimizzò pubblicamente la gravità del virus nelle fasi iniziali, mentre i suoi detrattori lo accusavano di sottovalutare una crisi sanitaria che avrebbe provocato centinaia di migliaia di morti. Tuttavia, l’amministrazione mise in atto l’Operazione Warp Speed, che accelerò lo sviluppo e la distribuzione dei vaccini, un risultato che Trump rivendicò come una delle sue grandi vittorie.
Sul piano sociale, la presidenza Trump fu segnata da profonde tensioni razziali. Le proteste del movimento Black Lives Matter, scaturite dall’omicidio di George Floyd nel maggio 2020, portarono milioni di persone nelle strade, evidenziando le disuguaglianze razziali e sociali che affliggono gli Stati Uniti. Trump rispose con una retorica dura, presentandosi come il garante dell’ordine e della legge, ma la sua posizione esasperò ulteriormente la polarizzazione. Le immagini delle proteste e degli scontri con le forze dell’ordine si alternarono a quelle di sostenitori che difendevano il presidente come unico baluardo contro il caos.
La campagna per le elezioni presidenziali del 2020 si svolse in un clima di tensione senza precedenti. Trump affrontò Joe Biden, ex vicepresidente di Barack Obama, in una sfida che rappresentava uno scontro di visioni opposte per il futuro dell’America. L’elezione del 3 novembre 2020 vide Biden ottenere una vittoria con un margine significativo nel voto popolare e nei grandi elettori, ma Trump rifiutò di accettare i risultati, sostenendo senza prove concrete che le elezioni fossero state “rubate”.
Questo rifiuto di concedere la vittoria culminò nell’assalto al Campidoglio il 6 gennaio 2021, giorno in cui il Congresso doveva certificare i risultati elettorali. Centinaia di sostenitori di Trump presero d’assalto il cuore della democrazia americana, in un evento che scosse profondamente il Paese. Trump fu accusato di aver incitato la folla con il suo discorso poche ore prima, sebbene lui stesso negasse qualsiasi responsabilità. L’episodio portò al suo secondo impeachment, un fatto senza precedenti nella storia americana.
L’assalto al Congresso rappresentò il momento più drammatico di una presidenza che aveva polarizzato il Paese come mai prima. Per molti, Trump era il simbolo di un cambiamento necessario e di una ribellione contro le élite; per altri, era una figura divisiva che aveva minato le istituzioni democratiche. La verità, come spesso accade, si colloca nel mezzo: Trump aveva dato voce a una parte d’America dimenticata, ma lo aveva fatto con un linguaggio che spesso alimentava le tensioni.
Con il passaggio del potere a Joe Biden il 20 gennaio 2021, si chiudeva il primo capitolo dell’era Trump, ma non la sua influenza sulla politica americana. Nel prossimo articolo, ci concentreremo sul ritorno di Trump sulla scena politica, sul percorso che lo ha riportato a candidarsi e sulle prospettive per il suo nuovo mandato, alla vigilia dell’insediamento del 20 gennaio 2025. Restate con noi: la storia di Trump è tutt’altro che finita.