George Foreman non c’è più. La notizia è arrivata ieri da Los Angeles: a 76 anni se ne va una delle leggende viventi della boxe, uno dei tre tenori dei pesi massimi anni ’70, insieme a Muhammad Ali e Joe Frazier. Era l’ultimo rimasto. Il più pacioso, il più sorridente, ma anche quello capace di frantumarti la mascella con un colpo solo.
La famiglia ha ufficializzato la notizia con poche parole, ma pesanti come un gancio: “Con profondo dolore annunciamo la scomparsa del nostro caro amato George Edward Foreman Sr.”
Foreman fu tutto. Un predicatore, un imprenditore (chi non ha mai sentito parlare del George Foreman Grill?), un uomo che aveva trasformato i pugni in redenzione. Ma prima di tutto fu un pugile. E che pugile.
Era il 1974 quando George salì sul ring più famoso della storia: il leggendario “Rumble in the Jungle”, nello stadio di Kinshasa, in Zaire. Lui, il campione del mondo, imbattuto, devastante. Davanti a sé, Muhammad Ali, l’ex campione in cerca di rivincita. Foreman picchiò duro, come sempre, ma Ali danzò, incassò, aspettò. E poi, all’ottavo round, lo stese con una combinazione che entrò nella leggenda. George perse il titolo. Ma non la voglia di combattere.
Vent’anni dopo, a 45 anni suonati, tornò sul ring da vecchio leone e si riprese la corona mondiale contro Michael Moorer. Un miracolo sportivo. Nessuno come lui. Il più anziano campione dei pesi massimi della storia.
Foreman non era solo muscoli e KO. Era anche un uomo dalla fede incrollabile, dalla voce calma, dagli occhi buoni. Lo chiamavano “il gigante gentile”. Ma se lo trovavi davanti tra le sedici corde, erano dolori. Non c’erano fronzoli nel suo stile: jab secco, montante che arrivava come una scure, e quell’incedere lento ma inesorabile, da boia con i guantoni.
Nel tempo ha venduto milioni di grill con il suo nome, ha raccontato la boxe con tono paterno e mai arrogante, ha ispirato una generazione intera. Perché Big George era uno di quei rari campioni che, anche da sconfitti, sapevano insegnare qualcosa.
Oggi il mondo della boxe è più vuoto. Se n’è andato un pezzo di storia, uno di quelli che faceva tremare la terra con un pugno. Ma che poi, fuori dal ring, ti abbracciava con la forza di un padre buono. Addio Big George. E grazie per ogni gancio, ogni caduta, ogni risalita.