Turismo e low cost: la vera qualità si misura sul campo, non con le parole

  Quando si discute di turismo, ci si avventura in un terreno complesso, ma spesso gli approcci restano approssimativi, vittime di semplificazioni pericolose. È il caso delle dichiarazioni dell’assessore Cuccureddu, che nel tentativo di delineare una strategia turistica per la Sardegna ha indicato il turismo “low cost” come causa del declino qualitativo delle presenze.

  Un’affermazione che ha il sapore di chi guarda la realtà lontano dalle dinamiche concrete del settore. La fallacia del "low cost uguale scarsa qualità": secondo Cuccureddu, il boom di arrivi grazie ai voli a 29 euro di Ryanair avrebbe sì riempito Alghero e altre località, ma senza portare benefici al reddito medio della popolazione locale. 

  Una lettura parziale, che ignora come molti dei gruppi che scelgono voli economici soggiornino poi in resort di alto livello come quelli del Delfina Group, alberghi di lusso sulla costa orientale o in strutture storiche algheresi. Pensare che chi vola a basso costo scelga automaticamente sistemazioni economiche è un errore grossolano.

  La scelta del volo non determina la qualità del soggiorno, ma spesso è dettata dall’offerta disponibile: il vettore low cost è, in molti casi, l’unica opzione per raggiungere la Sardegna. La Sardegna è al dodicesimo posto in Italia per presenze turistiche e il contributo del turismo al Pil regionale è inferiore alla media nazionale. Ma di chi è la responsabilità? Ridurre il problema al concetto di “turista low cost” è fuorviante. 

  Il nodo vero sta nella mancanza di investimenti in infrastrutture, servizi e strategie di lungo periodo. Se il turista non spende abbastanza sul territorio, forse è perché non gli viene offerto abbastanza da spendere. Le affermazioni di chi punta il dito contro il turismo economico tradiscono una mancata comprensione del fenomeno. Gli operatori del settore lo sanno bene: i voli low cost non rappresentano un limite, ma una risorsa.

  È attraverso questi collegamenti che i grandi hotel, i ristoranti e persino i piccoli B&B hanno potuto sopravvivere, soprattutto nei mesi di bassa stagione. Il vero problema è piuttosto la scarsa valorizzazione dei servizi turistici e la mancanza di alternative per trattenere i viaggiatori più a lungo. Cuccureddu parla di selezione del target, ma il rischio è di escludere una fetta importante di viaggiatori, pensando di attirare solo un’élite che, numericamente, potrebbe non bastare a sostenere il sistema. Come si può parlare di qualità del turismo senza prima garantire una rete di trasporti efficiente, sia per residenti che per visitatori, e senza coordinare strategie di promozione che vadano oltre il mare e le spiagge? La qualità non si misura a colpi di slogan. Definire un turista “low cost” è semplicistico e, in certi casi, persino offensivo per chi arriva in Sardegna contribuendo all’economia locale. La qualità non dipende dal prezzo del biglietto aereo, ma da ciò che il territorio offre in cambio. Piuttosto che additare il vettore esistente, sarebbe il caso di rimboccarsi le maniche per offrire ai visitatori – e ai residenti – trasporti e servizi degni di una destinazione che punta davvero in alto.

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