Ieri 22 marzo 2025, era la Giornata mondiale dell’acqua. Mentre il pianeta celebrava il valore di un bene ormai divenuto fragile e conteso, la Sardegna faceva e fa i conti con una realtà più cruda: la sete della sua terra. Nella Nurra, cuore agricolo della provincia di Sassari, la stagione irrigua è già data per spacciata. E con essa, le speranze di migliaia di agricoltori.
L’ultima delibera del Comitato istituzionale sull’assegnazione delle risorse idriche è stata una doccia gelata: zero metri cubi d’acqua destinati alla Nurra dalle dighe. Un verdetto che sa di condanna. «Per questa stagione irrigua abbiamo la disponibilità delle sole acque reflue di Sassari e Alghero e di alcuni pozzi – ha spiegato Gavino Zirattu, presidente del Consorzio di Bonifica della Nurra – che, insieme, non potranno certo soddisfare il fabbisogno idrico nei 5mila ettari da irrigare».
I numeri non lasciano spazio a interpretazioni. Al 10 marzo, la somma delle risorse nei bacini del Temo e del Cuga era scesa a 17,78 milioni di metri cubi, con una perdita giornaliera di circa 10.000 metri cubi. Le piogge latitano, la primavera si apre all’insegna dell’emergenza e la calura estiva promette di non essere clemente. A farne le spese sarà chi lavora la terra.
Per questo, lunedì 24 marzo alle ore 10:00, nel salone civico di Guardia Grande (Alghero), si terrà un incontro pubblico promosso dal Consorzio di Bonifica insieme alle organizzazioni professionali di categoria. Interverranno anche gli assessori regionali Antonio Piu e Gian Franco Satta, i sindaci del territorio e, soprattutto, gli agricoltori, che chiedono risposte urgenti e soluzioni concrete.
In occasione della Giornata mondiale dell’acqua – istituita dalle Nazioni Unite per richiamare l’attenzione su una risorsa vitale, distribuita in modo sempre più iniquo – la Sardegna è costretta a fare i conti con i suoi ritardi. Non bastano gli eventi simbolici, le luci accese sulle colline o le parole rituali: servono infrastrutture, scelte politiche e decisioni tecniche coraggiose.
Non si tratta più di contenere un problema, ma di ribaltare un paradigma. I pozzi e le acque reflue non sono una strategia: sono il segnale di un sistema allo stremo. La Nurra, che ha dato e dà da mangiare a generazioni di sardi, chiede oggi un patto nuovo tra istituzioni, tecnici e agricoltori. Un patto che si gioca in assemblee come quella di lunedì. E che, se non sarà rispettato, rischia di trasformare uno dei territori agricoli più fertili dell’isola in un deserto burocratico.
La Nurra non può più aspettare.