Pozzomaggiore, piccolo paese del Meilogu, salta agli onori delle cronache per un dato che lascia basiti: oltre 13,6 milioni di euro spesi in un anno per il gioco d’azzardo. Cifre astronomiche che, stando ai numeri, collocherebbero il paese tra i più colpiti dalla piaga del gioco online in Sardegna. Ma il sindaco Mariano Soro non ci sta: «Sono cifre impossibili, assurde. Se davvero girasse tanto denaro qui, non saremmo un borgo del Meilogu, ma Montecarlo».
Secondo il rapporto che ha sollevato la questione, ogni abitante – neonati e anziani inclusi – avrebbe speso la bellezza di 8.289 euro all’anno. Numeri che, più che impressionare, fanno sorgere seri dubbi. Soro sottolinea che il dato sarebbe gonfiato da fattori esterni: «Attraverso sistemi e programmi, chiunque può simulare di giocare da Pozzomaggiore, pur accedendo da altre parti del mondo. Pensare che il nostro piccolo comune sia epicentro di questa mole di denaro è semplicemente assurdo».
La chiave del paradosso sta proprio nel gioco d’azzardo online, che sfugge al controllo visivo e sociale delle comunità. Non ci sono sale slot o casinò in piazza: tutto avviene silenziosamente, tra le mura domestiche o, più probabilmente, fuori dai confini locali. Gli esperti spiegano che queste piattaforme possono diventare veicolo per riciclaggio e attività illecite, rendendo difficile distinguere tra realtà e speculazione.
Il problema del gioco d’azzardo, in Sardegna come altrove, non è nuovo. Tuttavia, la vicenda di Pozzomaggiore evidenzia come dati allarmanti possano generare equivoci, alimentando allarmismi ingiustificati. «Se davvero avessimo 13 milioni di euro da spendere, altro che gioco d’azzardo: avremmo risolto tutti i problemi del paese», conclude ironico il sindaco.
Resta però un monito: il gioco d’azzardo, reale o virtuale, non è un fenomeno da sottovalutare. Che si tratti di errori statistici o vere emergenze, è necessario vigilare per proteggere le comunità locali da un pericolo che si insinua silenziosamente, sfruttando debolezze e illusioni.