A Quartu, nella notte di Capodanno, una lanterna cinese ha messo in ginocchio una famiglia e distrutto una casa. È successo intorno all’una in via Tazzoli, quando il fuoco artificiale, con tutta la sua apparente innocenza, è "atterrato" sulla tenda della veranda, innescando un rogo devastante. Le fiamme si sono propagate rapidamente, costringendo i residenti a fuggire in strada. Due squadre dei Vigili del Fuoco sono intervenute per domare il disastro, ma il bilancio è spietato: casa inagibile, danni ingenti, famiglia sfollata.
Non è l’unico episodio che racconta l’irrazionalità di una notte in cui il confine tra festa e tragedia si fa labile.
In tutta Italia, i numeri del Viminale parlano chiaro: 309 feriti, un aumento rispetto all’anno precedente. A Napoli, un giovane è ricoverato in rianimazione dopo essere stato colpito da un proiettile vagante. Sempre nella città partenopea, un uomo ha subito un trauma oculare per l’esplosione di un bengala.
A Roma, nonostante il divieto dei botti imposto dal sindaco, i feriti sono stati 30, tra cui 8 bambini. E i Vigili del Fuoco? Impegnati in 703 interventi per incendi provocati dai festeggiamenti, tra cassonetti in fiamme e automobili ridotte a rottami fumanti.
E tutto questo per cosa? Per un attimo di luci nel cielo, per un brivido fugace che lascia dietro di sé macerie e ospedali pieni. Le ordinanze ci sono, i divieti anche, ma l’idiozia non conosce legge. E così, mentre una famiglia di Quartu raccoglie i cocci della propria vita e altri contano i giorni che li separano dalla guarigione, ci chiediamo ancora una volta: ne valeva davvero la pena?