La Sardegna torna nel mirino della strategia nazionale sui rifiuti radioattivi. Quattordici comuni dell’Isola sono stati individuati come possibili siti per il deposito di scorie nucleari, un’ipotesi che la Regione continua a respingere con fermezza. La questione è giunta a un momento cruciale: con la chiusura della fase di scoping, in cui enti locali e Regioni hanno potuto esprimere osservazioni sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS), la decisione passa ora al Governo.
L’idea di trasformare porzioni di territorio sardo in aree destinate allo stoccaggio di rifiuti radioattivi è vista come un affronto. La scelta ricade su otto zone accomunate da un tratto distintivo: aree rurali, periferiche, scarsamente popolate, che nel tempo hanno già subito l’abbandono dello Stato. L’elenco comprende Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus e Guasila.
Il timore è fondato: parliamo di terre ancora incontaminate, dove il paesaggio, modellato dai pascoli e dall’agricoltura, è rimasto pressoché intatto. Inserire un deposito nucleare in questi contesti equivarrebbe a snaturare un equilibrio ambientale millenario, con ricadute devastanti su economia, salute e identità locale.