L'8 marzo non è una festa, è un monito. Un promemoria amaro che ci ricorda quanto ancora siamo lontani dal poter parlare di parità e sicurezza. Nel 2024, in Sardegna, 28 donne sono state uccise, vittime della violenza maschile. Ma la morte è solo il punto di non ritorno di un'escalation fatta di paura, soprusi, violenza quotidiana e silenziosa.
Il fenomeno della violenza di genere si declina in molteplici forme, tutte accomunate da un'unica certezza: le vittime sono quasi sempre donne. La violenza sessuale non accenna a diminuire, anzi cresce. In Sardegna si registrano 9,37 violenze sessuali ogni 10mila abitanti, un dato agghiacciante, ancora più cupo se si pensa che tre vittime su dieci sono minorenni. Secondo i dati più recenti, nel 2022 nell'Isola si contano 613 donne vittime di violenza: il 52,3% ha subito atti persecutori, il 30% percosse, il 18% violenze sessuali. Eppure, c'è una forma di violenza ancora meno visibile ma non meno devastante: la violenza economica.
Questa è la catena invisibile che ancora oggi lega troppe donne a una condizione di dipendenza e vulnerabilità. Si esercita attraverso il controllo del denaro, il monitoraggio ossessivo delle spese, la limitazione dell'accesso ai conti bancari, il sabotaggio lavorativo. Il denaro diventa una gabbia, un cappio che stringe fino a togliere ogni prospettiva di indipendenza. Chi impedisce a una donna di lavorare, di avere un reddito proprio, di gestire autonomamente le sue finanze, la priva della libertà più essenziale: quella di esistere senza dover dipendere da nessuno.
Per questo, l'8 marzo non è una festa. Non lo è per le donne che ogni giorno subiscono violenza, non lo è finché ci saranno madri, figlie, sorelle uccise in nome di un "amore" che è solo possesso e sopruso. Finché le donne saranno pagate meno, ostacolate, sminuite, minacciate, non ci sarà nulla da celebrare.
Questo è il messaggio che arriva dall'associazione Namastè, che si impegna a sensibilizzare e combattere questa realtà attraverso iniziative concrete. L'associazione sottolinea come la violenza economica sia una piaga ancora poco riconosciuta ma profondamente radicata. Sono pochissime le donne che dispongono di risorse proprie, e questo dato non può più essere ignorato.
Nei prossimi giorni, Namastè organizzerà un incontro tematico dedicato proprio a questa problematica. Secondo l'associazione, l'8 marzo potrà tornare a essere una festa solo quando la libertà delle donne sarà un dato di fatto e non un'illusione. Quando i consultori saranno davvero laici, quando ogni donna avrà accesso alla giusta assistenza, quando essere donna non significherà più precarietà e paura. Fino ad allora, nessuna celebrazione fine a sé stessa, ma riflessione, consapevolezza e impegno per un cambiamento reale.