L’8 marzo è da sempre una data ambivalente. Per alcuni, una celebrazione, per altri una giornata di lotta che non può ridursi a un gesto simbolico. A Cagliari, oltre 400 persone sono scese in piazza per l’ottava edizione dell’8 marzo transfemminista, organizzata sotto lo slogan “Lotto, boicotto, sciopero”. Un messaggio che va oltre la retorica della ricorrenza, ponendo l’accento su temi come violenza di genere, precariato, guerre e capitalismo.
Il corteo è partito da Piazza del Carmine, con bandane, foulard e parrucche colorate, accompagnato da brani di Loredana Bertè e Patti Smith, per poi attraversare le vie dello shopping e concludersi in Piazza Costituzione. Un percorso che ha voluto occupare simbolicamente gli spazi della città, portando la protesta nel cuore del commercio e del consumo.
Le promotrici hanno sottolineato il significato dello sciopero femminista, che intendono rilanciare come strumento di lotta contro il sistema economico e sociale che, a loro dire, riproduce disuguaglianze e sfruttamento. Durante gli interventi al megafono, è stato affermato che il "fascismo contemporaneo sta dilagando", e che il movimento vuole "rendere visibili e dare voce a tutti quei lavori precari dove lo sfruttamento è perenne".
Particolare attenzione è stata posta sulla scelta di convocare lo sciopero generale di sabato, un giorno tradizionalmente poco associato alle mobilitazioni sindacali. Una decisione rivendicata dalle organizzatrici, che la considerano un passaggio strategico per colpire settori come il commercio e i servizi, dove il precariato femminile è più diffuso. "Sappiamo che convocare uno sciopero generale di sabato è inusuale, ma per noi è fondamentale", hanno dichiarato.
Al di là della partecipazione al corteo, resta aperto il dibattito sull’efficacia di queste forme di protesta. Se da un lato il movimento transfemminista ha cercato di rilanciare lo sciopero come atto politico, dall’altro la capacità di tradurre questa mobilitazione in un impatto concreto rimane una sfida aperta. L’8 marzo, anno dopo anno, continua a essere una giornata che divide: simbolo di un’istanza ancora irrisolta o rituale destinato a perdere incisività?