La povertà non è solo un problema di numeri o statistiche, è una condanna. In Sardegna, questa condanna la vivono migliaia di famiglie che, ogni giorno, si trovano a fare i conti con l’ansia di una bolletta che non possono pagare, con il peso di un lavoro perso o di una salute che non si possono permettere. E non si tratta solo di rinunce materiali. La povertà ti mangia dentro, cambia il modo di pensare, ti ruba l’energia per progettare, per sognare. Ti lascia lì, intrappolato nell’emergenza, a vivere alla giornata, senza riuscire a immaginare niente di diverso.
E chi vive questa realtà in Sardegna sa bene cosa significa. Su quest’isola, dove già mancano i servizi e le opportunità, essere poveri è una gabbia che si stringe ogni giorno di più. Non si può parlare di povertà senza parlare di dignità.
E qui, troppo spesso, quella dignità viene calpestata. Perché una cosa è certa: essere poveri significa avere meno spazio mentale per tutto il resto. La scienza la chiama “tassa sulla larghezza di banda” – io la chiamo semplice disperazione. Quando vivi in povertà, la tua testa è sempre impegnata a sopravvivere. Niente sogni, niente progetti. Solo sopravvivenza.
E non sono solo gli adulti a pagare il prezzo. Pensate ai bambini, ai ragazzi. Crescono in un ambiente che non offre speranza, che non lascia spazio per pensare a un futuro diverso. La povertà li blocca, li limita, li fa sentire inferiori, e se qualcuno non interviene, sarà solo una questione di tempo prima che perdano anche la voglia di provare.
Ma cosa fa chi ci governa? Slogan, belle parole e poco altro. La Sardegna non ha bisogno di elemosine, ha bisogno di risposte serie. Ha bisogno di politiche che mettano la dignità della gente al primo posto. Non si può continuare a ignorare un’isola che soffre, un popolo che si sente abbandonato. Serve coraggio, serve visione. Serve ricordarsi che la povertà non è una colpa, ma una condizione da combattere.
Perché ogni giorno che passa senza un’azione concreta, è un giorno in cui la Sardegna perde un pezzo della sua anima. E chi dovrebbe fare qualcosa, farebbe bene a ricordarselo.