Un monolocale di 14 metri quadri a Milano, affittato a 750 euro al mese in meno di 15 minuti. E come viene venduto? Citando una scena cult del film Il ragazzo di campagna con Renato Pozzetto, quella in cui il protagonista, trasferito in città, scopre la “meraviglia” di un appartamento grande quanto un ripostiglio.
Un’ironia amara, ma soprattutto un ritratto perfetto della condizione attuale: un'Italia che sembra diventare ogni giorno più simile a una parodia di se stessa.
In questa vicenda, la crisi abitativa si trasforma in spettacolo. Si attinge alla comicità per sdrammatizzare l'assurdità dei micro-spazi a prezzi assurdi, ma dietro il sorriso si nasconde una realtà preoccupante. La scena di Pozzetto che si adatta a vivere in pochi metri quadrati era una gag satirica negli anni ’80; oggi è la norma.
E così, quello che nel film era uno scherzo su una Milano dei tempi andati è diventato un pezzo di marketing per affittare spazi al limite della decenza.
Il fenomeno è emblematico di un'Italia dove la carenza di spazi viene trasformata in un’opportunità di profitto, dove il marketing sfrutta la nostalgia per indurre la gente ad accettare condizioni che un tempo sarebbero state inaccettabili. Non è più solo una questione di affitti cari: è una questione di dignità, di una società disposta a pagare caro per il privilegio di vivere in una scatola, glorificata come “moderna” e “pratica” perché in centro città.
La casa come luogo di vita si svuota del suo significato.
Il simbolo dell’ironia di Pozzetto diventa triste realtà, e ci ritroviamo a domandarci: è questo il futuro? Metropoli dove il privilegio si misura in metri quadrati, dove si vive stipati come in un set comico, ma senza la risata finale. Se questa è l’Italia che ci aspetta, il rischio è che a pagare non siano solo gli affittuari, ma l’intera società, privata di uno spazio vitale e di un po’ di sano buonsenso.