Un passo storico per la sanità sarda: all'Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari è stato realizzato il primo prelievo di organi a cuore fermo, un traguardo che avvicina la regione alle poche realtà italiane capaci di eseguire interventi di questo tipo. L'intervento ha permesso la donazione di fegato, reni e cornee, salvando la vita di pazienti in lista d’attesa. Questa tecnica, innovativa e complessa, consente di prelevare organi anche in assenza di attività cardiaca, ampliando le possibilità di trapianto.
«Abbiamo segnato un momento storico per la nostra regione e per la nostra azienda», ha dichiarato il direttore generale dell'Aou, Antonio Lorenzo Spano. «Siamo la prima struttura in Sardegna a realizzare un prelievo di organi a cuore fermo. È stato un lavoro complesso che ha coinvolto numerosi professionisti esperti.»
Il prelievo, avvenuto lo scorso venerdì, è stato possibile grazie alla volontà di donazione espressa da un paziente di 65 anni, registrata al rinnovo della carta d’identità.
Oltre a fegato e reni, anche le cornee sono state prelevate per futuri trapianti. «Un ringraziamento particolare va al donatore e alla sua famiglia», ha aggiunto Spano.
L'assessore regionale alla Sanità, Mario Nieddu, ha sottolineato l'importanza dell'intervento, ricordando come la Sardegna sia ora all’avanguardia: «La tecnica del prelievo a cuore fermo rappresenta un’innovazione che ci pone tra i punti di riferimento nazionali. Questo traguardo è stato reso possibile grazie alla delibera assessoriale approvata lo scorso agosto, che ha istituito il programma di donazione a livello regionale.»
La coordinatrice locale dei trapianti, la dottoressa Paola Murgia, ha ribadito l'importanza di questo risultato: «È la prima donazione a cuore fermo in Sardegna, un segnale che ci pone sullo stesso livello di altre regioni come Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, dove queste procedure sono già consolidate.»
L’intervento ha visto la collaborazione multidisciplinare della Terapia Intensiva del Santissima Annunziata, guidata dal dottor Leonardo Bianciardi, insieme agli specialisti Ecmo e agli intensivisti come la dottoressa Stefania Milia. Anche i cardiochirurghi e perfusionisti coordinati da Michele Portoghese, i cardioanestesisti del dottor Andrea Balata, e gli infermieri di sala operatoria hanno avuto un ruolo cruciale. I team della Clinica Urologica, del laboratorio di analisi, della Microbiologia e Virologia, del Centro trasfusionale, della Radiologia, dell'Oculistica e dell'Anatomia patologica hanno contribuito al successo di questo intervento, che apre nuove prospettive per la sanità regionale.