Mentre l’Italia fa i conti con un aumento dell’eccesso ponderale, la Sardegna emerge come una delle regioni più in forma del Paese. Secondo i dati del sistema di sorveglianza Passi, nel biennio 2022-2023 l’Isola ha registrato la percentuale più bassa di sovrappeso e obesità: solo il 37% della popolazione adulta presenta un eccesso ponderale, contro una media nazionale del 32,7%. Meno di una persona su dieci è obesa (8,1%), un dato che colloca la Sardegna al secondo posto tra le regioni più in salute d'Italia, ben lontana dai picchi del Molise (17,9%).
Numeri confortanti, che posizionano l’Isola tra le cinque regioni con il miglior stato di forma, insieme a Friuli, Liguria, Toscana e Veneto. Ma i dati raccontano solo una parte della realtà: il basso tasso di obesità in Sardegna è frutto di una maggiore attenzione alla salute o c’entra anche la crisi economica, che ha modificato le abitudini alimentari dei sardi?
Se da un lato la dieta mediterranea e uno stile di vita più attivo possono aver influito su questi numeri, dall’altro non si può ignorare il fattore economico. L’inflazione e il caro vita hanno inciso profondamente sulle spese alimentari delle famiglie. In un contesto in cui il costo della vita è aumentato, i consumi si sono orientati verso beni essenziali e meno elaborati. Questo potrebbe aver ridotto l’acquisto di prodotti ultraprocessati e ricchi di zuccheri, contribuendo indirettamente a mantenere basso il tasso di obesità.
Tuttavia, l’attenzione sanitaria al problema del peso rimane carente. Meno della metà delle persone in sovrappeso afferma di aver ricevuto un consiglio medico per perdere peso. La priorità, secondo i dati Passi, sembra essere rivolta solo ai soggetti obesi, mentre chi si trova nella fascia del semplice sovrappeso riceve meno indicazioni.
Se la Sardegna oggi appare come una delle regioni più in salute d’Italia, la sfida sarà mantenere questi numeri senza che siano solo una conseguenza della crisi. Il rischio di un'alimentazione meno equilibrata per ragioni economiche è concreto, così come l’eventuale ritorno a cattive abitudini alimentari qualora la situazione finanziaria delle famiglie migliorasse. Serve dunque una strategia che combini educazione alimentare, prevenzione e accesso a cibi sani a costi sostenibili, per garantire che il primato dell’Isola non sia solo temporaneo, ma frutto di una vera cultura del benessere.