Efisio Galici, cagliaritano autentico, ha scoperto la boxe tardi, a 21 anni. Ma bastò poco perché quel giovane dal pugno pesante si affermasse come una promessa del pugilato. La sua storia, costellata di successi e di un solo scivolone, è rimasta impressa nella memoria degli appassionati, consacrandolo tra i grandi del ring.
Ad agosto del 1984, Galici affrontò uno dei primi snodi cruciali della sua carriera, incrociando i guanti contro Guido Di Rocco, un pugile abruzzese noto per il suo gancio destro letale. In un match intenso e fisico, fu proprio il cagliaritano a dimostrare tutta la sua determinazione, costringendo l’avversario al ritiro per intervento medico a causa di una profonda ferita all’occhio destro.
Galici non era solo un pugile: era una forza della natura. Il suo destro pesante, capace di mettere al tappeto chiunque, lo portò a vincere il titolo Internazionale WBC dei welter junior, un traguardo prestigioso che lo avvicinò al sogno europeo.
Ma proprio alle soglie di quella consacrazione, nel match contro Mauro Martelli, il suo cammino si interruppe.
Nonostante quella sconfitta, la carriera di Efisio Galici rimane straordinaria. Si ritirò con un record impressionante: 28 vittorie, di cui 21 per KO, e una sola sconfitta. Numeri che parlano di un campione capace di emozionare e che, con ogni colpo portato, ha rappresentato il cuore e la passione della Sardegna.
Per i tanti che l’hanno seguito, Galici non era solo un pugile, ma un simbolo di dedizione, sacrificio e orgoglio. Ancora oggi, il suo nome riecheggia nelle palestre, nei racconti degli appassionati e tra chi continua a credere che il ring non sia solo uno spazio di competizione, ma una metafora della vita stessa.