Benvenuti alla nostra nuova rubrica "Profondo Blu", uno spazio dedicato ai misteri oscuri e agghiaccianti della criminologia. Pubblicheremo i nostri pezzi sempre a mezzanotte, l’ora più inquietante della notte, per esplorare insieme le storie dei serial killer più famosi, italiani e non. Inauguriamo questa serie con il caso di Donato Bilancia, un uomo che ha trasformato Genova in un teatro del terrore.
Nella notte oscura di Genova, tra vicoli silenziosi e case addormentate, si aggirava un uomo che portava con sé il terrore. Donato Bilancia, un nome che sarebbe entrato nella storia come uno dei più spietati serial killer italiani, capace di commettere diciassette omicidi in appena sei mesi. Un pazzo lucido, un assassino metodico, che uccideva con precisione chirurgica e lasciava poche tracce dietro di sé.
Bilancia non sceglieva a caso le sue vittime. La maggior parte di loro erano prostitute, donne invisibili alla società, ma il suo modus operandi era sempre lo stesso: un colpo di pistola alla nuca, sparato dal basso verso l’alto. Questo dettaglio, un segno distintivo macabro, inizialmente fu attribuito a una guerra tra bande nel mondo della prostituzione. Ma presto, la sequenza puntigliosa degli omicidi fece comprendere agli inquirenti che si trovavano di fronte a un serial killer.
La polizia genovese fu messa alla prova da Bilancia, che sfidava le forze dell'ordine alimentando il proprio narcisismo con telefonate anonime. Minacciava che avrebbe ucciso ancora, giocando una partita mortale con chi cercava di fermarlo. Dopo accurate indagini, gli investigatori scoprirono che dietro quel killer spietato si celava un giocatore d'azzardo, un uomo che frequentava le bische del capoluogo ligure con lo pseudonimo di Walter.
Bilancia aveva una particolarità inquietante: uccideva solo di sabato. E quando le strade di Genova non bastarono più a placare la sua sete di sangue, iniziò a uccidere sui treni. Seguiva le vittime nei bagni dei vagoni e lì, in quei piccoli spazi claustrofobici, le giustiziava con la stessa modalità che aveva reso inconfondibile la sua firma.
Gli inquirenti giunsero alla conclusione che Bilancia uccideva quando perdeva al gioco, un rito macabro che trasformava la frustrazione del fallimento in una furia omicida. La sua cattura fu un sollievo per una città paralizzata dalla paura. Fu arrestato e condannato a tredici ergastoli, una pena che avrebbe dovuto spezzare la sua spirale di morte. Chiese più volte permessi premio, ma la giustizia fu inflessibile: non ci sarebbe stata pietà per chi non ne aveva avuta per le sue vittime.
Donato Bilancia morì in carcere nel dicembre 2020, a 69 anni, dopo aver contratto il COVID-19. La sua detenzione durò ventidue anni, un tempo lungo ma mai abbastanza per cancellare l’orrore delle sue azioni. Con la sua morte, si chiude un capitolo nero della storia criminale italiana, ma le ombre dei suoi crimini continuano a infestare la memoria di chi visse quegli anni di terrore.