Ricordare Enrico Berlinguer a quarant’anni dalla sua scomparsa non è soltanto un tributo a una delle figure più iconiche della politica italiana del Novecento, ma un’occasione per analizzare con lucidità il suo lascito e il contesto che lo ha reso un simbolo. Nel panorama di una Sardegna che oggi celebra il suo figlio più illustre, non possiamo sottrarci a una riflessione onesta, lontana tanto dal fanatismo quanto dal disfattismo.
Berlinguer rappresentò un’epoca di grandi ideali, dove la politica era ancora intrisa di una forte carica morale. Il suo “compromesso storico” con la Democrazia Cristiana fu una strategia audace e controversa, che mirava a creare un’alleanza per stabilizzare l’Italia in un momento di tensioni interne ed esterne. Un approccio pragmatico che, però, si scontrò con le diffidenze reciproche e con una stagione politica dominata dalla Guerra Fredda.
Sul piano umano, Berlinguer è spesso descritto come un uomo rigoroso, quasi ascetico, che incarnava la politica come servizio. Questo è un tratto che gli viene riconosciuto anche da chi non condivideva le sue posizioni ideologiche. Tuttavia, l’idealismo che lo caratterizzava non sempre seppe confrontarsi con una realtà politica ed economica in profonda trasformazione.
La Sardegna, terra che gli diede i natali, ha sempre avuto un rapporto particolare con la sua figura. Berlinguer è stato un sardo che guardava oltre l’isola, ma senza mai dimenticare le sue radici. In questi eventi commemorativi, si percepisce la volontà di riscoprire il significato di quei valori di giustizia sociale e partecipazione che egli propugnava, ma anche di interrogarsi su quanto essi siano ancora praticabili nel mondo di oggi.
La presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, ha parlato di Berlinguer come di un uomo capace di "parlare alle coscienze", invitando i giovani a riflettere su temi come il ruolo della politica e della verità in una società complessa. È un messaggio importante, che invita a guardare alla politica non come un’arena di scontri fini a se stessi, ma come uno strumento per costruire.
Eppure, è altrettanto necessario ricordare che non si può mitizzare la figura di Berlinguer senza considerare i limiti del contesto in cui operò.
Il PCI da lui guidato fu, nonostante le aperture, un partito che non riuscì mai a liberarsi completamente dall’ombra di Mosca, un peso che Berlinguer stesso cercò di alleggerire con il celebre distacco dall’Unione Sovietica, ma che lasciò comunque un’area di ambiguità.
Commemorare Berlinguer oggi significa anche riflettere sul rapporto tra idealismo e realismo, tra visione e limiti storici. I valori che egli propugnava – giustizia sociale, solidarietà, partecipazione – sono nobili e condivisibili, ma la loro applicazione richiede pragmatismo e capacità di adattarsi ai tempi.
Gli eventi organizzati dalla Regione Sardegna, con personalità di spicco e una pluralità di voci, offrono un’occasione per affrontare queste domande senza cadere né nell’agiografia né nel revisionismo disfattista. Berlinguer fu un uomo del suo tempo, con intuizioni che lo resero un simbolo ma anche con i vincoli di una stagione politica irripetibile.
Quarant’anni dopo, il suo esempio resta una lezione da rileggere alla luce delle sfide contemporanee, consapevoli che la politica, per essere davvero incisiva, non può mai smettere di confrontarsi con la realtà, senza perdere di vista i propri ideali.