C’è da chiedersi fino a che punto possa spingersi l’ingegno, se così vogliamo chiamarlo, di chi tenta di aggirare le regole dietro le sbarre. A Sassari, nei giorni scorsi, si è aperto il processo a carico di tre uomini – un 46enne di Usini e due 36enni di Cagliari e Alghero – accusati di aver tentato di introdurre nel carcere Tomasiello di Alghero un telefono cellulare e il relativo caricabatterie, occultandoli nel retto. Un espediente tanto estremo quanto inefficace.
L’accusa è quella di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, un reato previsto per chi cerca di eludere i divieti carcerari utilizzando mezzi illeciti per comunicare con l’esterno. I fatti risalgono al 2023, quando il dispositivo in questione sarebbe stato passato di mano tra i tre imputati, consentendo loro di scambiare messaggi fino a quando la polizia penitenziaria non ha intercettato la fidanzata di uno di loro.
Il caso è arrivato davanti al giudice Valentina Nuvoli, che dovrà valutare il singolare stratagemma e le responsabilità dei tre uomini.