Il Consiglio regionale della Sardegna si appresta a discutere martedì 18 febbraio la mozione con cui intende sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale in merito all’ordinanza di decadenza della presidente Alessandra Todde, pronunciata dal Collegio elettorale della Corte d'Appello di Cagliari.
Il provvedimento, scaturito da presunte irregolarità nella rendicontazione delle spese elettorali della campagna per le elezioni regionali del febbraio 2024, non è soltanto un caso di diritto amministrativo, ma ha aperto uno scontro istituzionale dalle conseguenze potenzialmente dirompenti: la decadenza della presidente comporterebbe l’automatico scioglimento dell’intero Consiglio regionale, un effetto definito dai proponenti della mozione come "abnorme".
La mozione – in fase di predisposizione e firmata dai capigruppo della maggioranza – si concentra su un nodo essenziale: l’applicabilità in Sardegna della Legge n. 515 del 1993, che disciplina le cause di decadenza per violazioni nella rendicontazione elettorale. Secondo il Collegio di garanzia elettorale, il testo sarebbe applicabile alla presidente, così come ai consiglieri regionali.
I firmatari della mozione, invece, sostengono che tale norma sia in contrasto con il sistema di elezione diretta del Presidente della Regione, introdotto successivamente e fondato su prerogative differenti rispetto a quelle dei consiglieri. La Sardegna, inoltre, gode di uno Statuto speciale, il che complica ulteriormente la cornice normativa.
La mozione rileva che le ipotesi di scioglimento degli organi regionali di direzione politica devono essere espressamente previste dalla Costituzione (articoli 15 e 35 dello Statuto speciale) o da leggi che abbiano ricevuto esplicita autorizzazione costituzionale. L'automatismo che porterebbe allo scioglimento dell’intero Consiglio, dunque, viene interpretato come una forzatura giuridica, un’interferenza statale nella sovranità democratica regionale.
Non si tratta di un semplice tecnicismo giuridico. La legge che prevede la decadenza per violazioni nelle spese elettorali risale al 1994, quando il Presidente della Regione non era eletto direttamente e il suo ruolo era assimilato a quello di un consigliere. Oggi, invece, l’elezione avviene con un sistema autonomo, distinto da quello dei consiglieri regionali.
Di conseguenza, secondo i promotori del ricorso, l’interpretazione del Collegio elettorale non terrebbe conto dell’evoluzione dell’ordinamento, applicando una norma nata in un contesto istituzionale superato.
Mentre il Consiglio regionale si muove verso il ricorso alla Corte costituzionale, gli avvocati di Alessandra Todde hanno già impugnato la decadenza davanti al Tribunale ordinario, con un’udienza fissata per il 20 marzo. La doppia strategia punta a evitare lo scenario più drastico: lo scioglimento anticipato del Consiglio, che aprirebbe una crisi politica senza precedenti nella storia della Regione.
La decisione finale sulla decadenza della presidente resta incerta, ma la mozione in discussione martedì evidenzia una posizione chiara della maggioranza: la volontà popolare espressa nelle urne non può essere sovvertita da un’interpretazione giuridica ritenuta forzata. La battaglia si sposta ora sul terreno istituzionale, con una posta in gioco che va ben oltre il destino della presidente Todde, toccando direttamente il principio di autonomia regionale e il rapporto tra Stato e Sardegna.