La situazione della sanità in Sardegna è arrivata a un punto di crisi tale da rendere impossibile, per molti pazienti, anche il semplice accedere a cure e diagnosi basilari. Prenotare un esame diagnostico come una risonanza magnetica del cervello o dell'addome è ormai una missione quasi impossibile. Si parla di attese che sfiorano e superano abbondantemente l’anno. E non stiamo esagerando: per una risonanza al cervello con contrasto la mediana dei tempi di attesa è di 439 giorni. Per l’addome, si arriva a 476 giorni. Un anno e tre mesi.
Tempi che, per chi ha necessità di cure tempestive, possono segnare la differenza tra il trattare una patologia e scoprirla troppo tardi.
Questi non sono casi isolati. Le agende delle strutture pubbliche e convenzionate sono sature, e persino i privati, soprattutto a Cagliari, non riescono più a far fronte alla domanda, lasciando chi si rivolge al sistema sanitario in una pericolosa palude d’attesa. La legge prevede tempi massimi per le prestazioni diagnostiche, ma in Sardegna sembra che tali indicazioni siano soltanto parole senza effetti pratici.
Anche i rilevamenti settimanali dell’assessorato regionale alla Sanità mostrano come le liste d’attesa continuino ad allungarsi, lasciando i pazienti in balia dei tempi.
Dietro a queste attese intollerabili ci sono problemi strutturali che nessuno ha mai voluto o saputo risolvere. In primo luogo, c’è un’ineguale distribuzione del budget regionale per la sanità tra nord e sud dell’isola, con un rapporto di 20 a 80 a sfavore del nord Sardegna. Questa disparità, radicata da anni, incide pesantemente sull’accesso alle cure, lasciando una parte dell’isola in uno stato di cronica mancanza di risorse, come se il diritto alla salute fosse diverso da una provincia all’altra.
La soluzione, almeno una, sarebbe già scritta nelle norme nazionali, che impongono alle Asl di coprire i costi delle prestazioni sanitarie per quei pazienti che non riescono a prenotare esami diagnostici o visite entro i tempi previsti. Ma di questa opzione, in Sardegna, non si parla. E nel frattempo, migliaia di cittadini rimangono abbandonati, senza risposte né alternative, vittime di un sistema che sembra aver dimenticato il suo ruolo principale: prendersi cura delle persone.
A questo punto, parlare di "prevenzione" in Sardegna è quasi ironico. Le attese non solo impediscono di prevenire, ma mettono a rischio la vita stessa dei pazienti, rendendo ogni diagnosi tempestiva una mera illusione.