La guerra in Ucraina ha portato con sé effetti dirompenti sul mercato globale, ma l’impatto sull’industria bellica presenta una complessità che merita di essere sviscerata. Se il conflitto suggerisce un aumento automatico delle spese militari e, di conseguenza, dei profitti per i produttori di armi, i dati raccontano una realtà diversa.
Secondo il CIPRI, la spesa militare globale del 2022 non solo non è aumentata, ma ha registrato un calo nominale del 5% rispetto al 2021, amplificato ulteriormente dall’effetto dell’inflazione. Anche i giganti dell’industria, come Lockheed Martin, principale azienda mondiale del settore, hanno visto una flessione nei ricavi.
La multinazionale americana ha chiuso il 2022 con un fatturato in calo dell’1,58%. Anche Rathion, altro colosso bellico, ha subito un rallentamento nella crescita.
La ragione di questa contrazione si trova nella preparazione strategica degli anni precedenti. Dal 2014, con il conflitto nel Donbass, l’Occidente aveva iniziato a intensificare gli investimenti militari, portando la spesa globale a livelli record nel 2021. Questi picchi non potevano essere ulteriormente sostenuti in un 2022 segnato dalle difficoltà economiche.
In Russia, invece, il panorama appare più ottimistico, almeno nel breve termine. Aziende come Kalashnikov Concern hanno registrato il miglior anno della loro storia grazie alla domanda interna.
L'azienda ha incrementato la capacità produttiva del 40% per far fronte alle necessità della guerra. Al contrario, le esportazioni russe di armi, tradizionalmente una risorsa importante, potrebbero ridursi ulteriormente a causa delle sanzioni occidentali.
La dicotomia tra il rallentamento occidentale e la spinta interna russa è solo uno degli aspetti del panorama bellico attuale. Se nel breve termine il settore militare mostra segnali contrastanti, le prospettive future suggeriscono un possibile boom nel medio termine, grazie all’aumento delle spese militari in Europa e alla ridefinizione degli equilibri geopolitici.
Nel prossimo articolo, ci addentreremo nell'analisi del settore energetico, il grande vincitore della crisi ucraina, con un focus sulle cifre record di aziende come Saudi Aramco.