Tra i grandi vincitori della guerra in Ucraina, il settore energetico occupa un posto di rilievo. Mentre le economie mondiali faticavano a gestire l’inflazione e il rincaro delle materie prime, i giganti dell’energia registravano profitti senza precedenti. Il conflitto ha trasformato la crisi energetica in un’opportunità d’oro, spingendo i prezzi degli idrocarburi a livelli record e ridisegnando le rotte del commercio globale.
Saudi Aramco è l’esempio più emblematico: con un utile netto di oltre 161 miliardi di dollari nel 2022, ha polverizzato qualsiasi record precedente. Per comprendere la portata di questa cifra, basti pensare che supera i profitti combinati di Alphabet e Apple, simboli della Silicon Valley e dell’innovazione tecnologica. Ma non è stata l’unica.
Da ExxonMobil a Shell, le grandi compagnie energetiche hanno chiuso l’anno con utili moltiplicati, trasformando due anni di difficoltà (2020 e 2021) in un trionfo finanziario.
Anche la Russia, nonostante il peso delle sanzioni, ha trovato il modo di monetizzare. I contratti in essere con i paesi europei hanno garantito entrate consistenti, sfruttate fino all’ultimo giorno utile prima della cessazione dei flussi. Tuttavia, il 2023 si preannuncia meno roseo: la progressiva riduzione della dipendenza energetica europea, guidata dall’Italia, segnerà un cambio di paradigma per Mosca.
Il costo di questo trionfo per le grandi compagnie è stato pagato dalla popolazione globale. Prezzi alle stelle hanno spinto l’inflazione, pesando soprattutto sui bilanci delle famiglie meno abbienti e alimentando tensioni sociali. Una crisi che, paradossalmente, ha evidenziato come il conflitto abbia reso la dipendenza energetica un’arma geopolitica tanto potente quanto il ricorso alla forza militare.
Nel prossimo articolo affronteremo un altro settore che ha tratto enormi vantaggi dalla guerra: quello alimentare. Un settore dove il profitto si intreccia con la sopravvivenza di milioni di persone, scatenando polemiche e richieste di regolamentazione globale.