Finalmente qualcosa si muove, dicono. Ma io non mi accontento delle chiacchiere. Giovedì 28 novembre Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, atterra a Cagliari per un incontro con Alessandra Todde, presidente della Regione Sardegna, un nome nuovo per i giochi politici isolani. Sul piatto ci sono 2,7 miliardi di euro, soldi che, si dice, serviranno per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile dell’isola. Ma lasciatemi dire una cosa: i sardi non sono stupidi.
Siamo sempre lì, a sentire parlare di fondi straordinari, di piani decennali, di coesione territoriale. Termini che sembrano usciti dal manuale del perfetto burocrate e che, nella realtà, non si traducono mai in fatti. Chiedete agli abitanti dell'entroterra cosa significa sviluppo sostenibile: per loro vuol dire avere strade decenti, medici negli ospedali e non dover fare cento chilometri per una visita specialistica. Altro che "coesione".
Meloni arriva in Sardegna con Fitto, il Ministro per gli Affari Europei e le Politiche di Coesione, quasi a sottolineare che questo è un appuntamento di livello. Certo, non manca il peso simbolico: il governo centrale e quello regionale, per la prima volta, seduti allo stesso tavolo a discutere di un futuro migliore per l’isola. Ma la domanda è: quanto tempo ci vorrà perché quei 2,7 miliardi diventino cantieri aperti, opere realizzate, infrastrutture moderne? Se la storia ci insegna qualcosa, la risposta è semplice: troppo.
E vogliamo parlare del metodo? La Sardegna è sempre trattata come il cugino povero che si aiuta per non farlo sentire escluso.
Non è un caso che questi fondi arrivino in ritardo e con il rischio che, se non spesi correttamente, vengano perfino revocati. Perché qui sta il punto: le risorse ci sono, ma manca la capacità di utilizzarle in maniera efficace. È inutile stanziare miliardi se poi non ci sono progetti, idee chiare, visioni a lungo termine.
Meloni, che in passato si è distinta per la sua retorica concreta e diretta, ha un’occasione d’oro per dimostrare che non è solo un’abile stratega politica, ma una leader capace di cambiare le cose. Quanto a Todde, la neo-presidente regionale deve dimostrare di avere il coraggio di imporsi, di fare da garante per i sardi e non da semplice spettatrice. I soldi pubblici, ricordo, non sono un regalo, ma un diritto.
In Sardegna, la politica ha una sola opzione: lavorare e farlo bene. Non ci sono margini per fallire. I 2,7 miliardi non sono un dono, ma un obbligo. E se non saranno spesi nel modo giusto, la colpa non sarà solo di Roma, ma anche di una classe dirigente locale che, diciamolo chiaramente, ha troppe volte navigato a vista. I sardi meritano rispetto. Meloni e Todde, fate il vostro dovere. Ma fatelo sul serio.