Teorie queer e l’autonomia universitaria: siamo alla frutta?

  La libertà d’insegnamento è sacrosanta, lo dice la Costituzione. Ma quando un corso universitario come "Teorie queer" viene trasformato in una questione di Stato, la domanda è inevitabile: stiamo discutendo di cultura o stiamo recitando l’ennesimo teatrino politico? La ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ha provato a gettare acqua sul fuoco: l’insegnamento è libero, l’autonomia universitaria va rispettata, ma se c’è un reato, la magistratura farà il suo corso. Bene, ma non benissimo. Perché in un Paese che sembra incapace di affrontare dibattiti complessi senza scadere nel tifo da stadio, ogni pretesto diventa uno scontro ideologico.

  La querelle sulle teorie queer ne è un esempio lampante. Da un lato, chi vorrebbe censurare l’università in nome di una moralità retrò che non regge il confronto con il mondo reale. Dall’altro, chi si arroga il diritto di trasformare le aule in pulpiti per lanciare messaggi politici mascherati da cultura. Eppure, il cuore della questione dovrebbe essere un altro: che cos’è l’università oggi? È ancora un luogo dove si sviluppa il pensiero critico o si è ridotta a un’arena dove si combattono le battaglie ideologiche del giorno? 

  La libertà d’insegnamento, tanto decantata, rischia di diventare una foglia di fico se non si accompagna a un’assunzione di responsabilità. Autonomia non significa anarchia, e il confine tra sapere e propaganda è sottile, ma va rispettato. La Bernini, con il suo atteggiamento da equilibrista, prova a tenere insieme i pezzi di un sistema che scricchiola. "Nessun uso di fondi pubblici", garantisce il Ministero. E allora di cosa stiamo parlando? Di un corso che ha avuto il torto di toccare un nervo scoperto: la capacità, o meglio l’incapacità, di affrontare temi come l’identità e la sessualità senza isterismi.

  Forse è questo il vero scandalo: non il corso in sé, ma la reazione che ha scatenato. Se c’è un rischio, è che l’università si trasformi in una caricatura di se stessa. Libera solo a parole, ma in realtà ostaggio delle polemiche. E allora, la domanda finale non è se un corso sulle teorie queer abbia diritto di esistere, ma se noi siamo ancora in grado di discutere senza ridurci a tifoserie. Forse, prima di preoccuparci dei corsi, dovremmo preoccuparci di noi stessi.

Attualità

La vita che si spegne per donare luce: La storia di G.O.
  C'era una finestra nella cella di G.O., una piccola apertura verso un mondo che sembrava averlo dimenticato. Seduto lì, con gli occhi azzurri fissi sull'orizzonte irraggiungibile, il ragazzo di ventisette anni sembrava un'anima smarrita in un universo di cemento e ferro. Nel carcere di Uta, dove il tempo si dilata e i sogni appassiscono, G.O...

America First: i primi passi di Trump alla Casa Bianca
  Con il giuramento del 20 gennaio 2017, Donald J. Trump inaugurava una presidenza destinata a scuotere profondamente gli Stati Uniti e il mondo. Davanti a una folla oceanica, con sostenitori entusiasti e contestatori altrettanto determinati, Trump pronunciò un discorso inaugurale che fece subito capire a tutti che non sarebbe stato un preside...

Non fare nulla gratis: il valore del lavoro e l'illusione del favore
  Lavorare gratis è una contraddizione che si paga cara, sempre. Non si tratta solo di soldi, ma di un principio fondamentale: ciò che non ha prezzo agli occhi di chi lo riceve non ha valore. Offrire un servizio gratuitamente, anche con le migliori intenzioni, svilisce l’atto stesso del lavorare, declassandolo da competenza a gesto insignifica...

Sardegna, il grande inganno delle promesse: Meloni e Todde faccia a faccia
  Finalmente qualcosa si muove, dicono. Ma io non mi accontento delle chiacchiere. Giovedì 28 novembre Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, atterra a Cagliari per un incontro con Alessandra Todde, presidente della Regione Sardegna, un nome nuovo per i giochi politici isolani. Sul piatto ci sono 2,7 miliardi di euro, soldi che, si dice, se...

Geopolitica e il coraggio di pensare: Dario Fabbri contro l'indifferenza intellettuale
  Dario Fabbri rappresenta una figura controversa nel panorama intellettuale italiano. Stimato da una parte per la sua capacità di sintesi e analisi geopolitica, bollato dall’altra come “non accademico”, un autodidatta troppo popolare per essere preso sul serio dagli ambienti colti. Eppure, la sua ascesa e la sua capacità di catalizzare il dib...