Un’altra occasione persa, un’altra prestazione opaca e un altro viaggio di ritorno con zero punti in
tasca. Il Cagliari cade all’Olimpico contro una Roma tutt’altro che irresistibile, incapace di chiudere
la partita ma brava a capitalizzare il minimo indispensabile per strappare la vittoria. Il problema? Il
Cagliari non ha mai dato l’impressione di poter davvero impensierire i giallorossi. O almeno non
abbastanza per meritare di più.
La squadra di Nicola ha mostrato la solita fragilità offensiva, con Piccoli lasciato a lottare in totale
solitudine contro la difesa romanista. L’assenza di idee a centrocampo è stata lampante, con una
squadra che si è aggrappata alle iniziative personali di Zortea, uno dei pochi a tentare qualche
giocata concreta. Ma la sensazione generale è stata di un Cagliari incapace di alzare i ritmi, sempre
in attesa di un errore avversario piuttosto che di creare qualcosa di proprio.
La Roma ha giocato con il freno a mano tirato, conscia di poter vincere senza dover forzare troppo.
Il gol della sconfitta, ironia della sorte, nasce da un episodio sfortunato: una deviazione casuale di
Deiola che consegna a Dovbyk il più comodo degli assist. Ma è nel finale che si consuma
l’ennesimo torto arbitrale ai danni del Cagliari.
Un rigore che grida vendetta. Minuto 90’+5: Mancini e Mina si ritrovano in area, ma più che una disputa sportiva sembra un
incontro di wrestling. Il difensore della Roma, con una mossa che nemmeno nei peggiori incubi di
un allenatore si sarebbe aspettato, spinge il colombiano a terra con tutta la grazia di un elefante su
un tappeto di cristallo. Non è un semplice contatto, è un fallo palese, eppure l’arbitro, forse troppo
impegnato a contemplare l’orizzonte, lascia correre, mentre la sala VAR, da un angolo sicuro, si
limita a guardare senza muovere un dito. come sempre, il Cagliari si trova a fare i conti con un
episodio chiave che, guarda caso, svanisce nel nulla…
Sia chiaro: questo non deve e non può essere un alibi per la pessima prestazione del Cagliari.
Ma la regolarità di un campionato passa anche da questi dettagli, e quando gli episodi si
accumulano in un’unica direzione, la frustrazione diventa inevitabile. Il Cagliari deve prendersela
con sé stesso per una partita giocata senza mordente, ma negare che quel rigore fosse sacrosanto
significherebbe distorcere la realtà.
Al netto delle polemiche, il vero problema resta la mancanza di qualità e cattiveria agonistica.
Quando la Roma ha concesso spazio, il Cagliari non ne ha approfittato. Quando bisognava spingere,
ci si è affidati solo ai cross dalla trequarti, senza un’idea precisa. È la fotografia di una squadra che
lotta, sì, ma che sembra sempre incompleta, con troppi giocatori poco incisivi nei momenti chiave.
E adesso? Serve una scossa. Perché se si continua così, neanche gli episodi arbitrali potranno essere
più un tema di discussione: la classifica parla chiaro e il Cagliari deve iniziare a guadagnarsi da solo
i punti, senza aspettare favori (che peraltro non ha mai cercato) e che, evidentemente, non
arriveranno mai. Anziché “gufare” le dirette concorrenti, forse si dovrebbe cominciare a tirare fuori
il carattere e giocarsi ogni partita come se da questa dipendesse la salvezza, a prescindere
dall’avversario!