Alghero, 17 marzo 2025 - Due provvedimenti di daspo urbano sono stati notificati ad altrettanti attivisti che hanno partecipato alle proteste contro la speculazione eolica al porto di Oristano-Santa Giusta. Una decisione che ha immediatamente suscitato polemiche, soprattutto da parte di chi vede in questi provvedimenti un segnale preoccupante per il diritto a manifestare. Tra le voci critiche, si distingue quella dell’onorevole Valdo Di Nolfo, che non ha esitato a denunciare il carattere repressivo della misura:
"Sui severi provvedimenti comminati ai manifestanti non posso che esprimere dissenso. La repressione è sempre una scelta sbagliata che va in contrasto con i nostri principi: il provvedimento di un daspo urbano peraltro crea un importante precedente. Viviamo un momento delicato ed è importante poter esprimere dissenso nelle forme e nelle possibilità dei propri ruoli: ci accomuna un unico nemico che sono le multinazionali del vento. Solo facendo fronte unito possiamo vincere questa battaglia e non è certo la repressione del Governo italiano il modo per aiutare il percorso democratico che la Regione Sardegna ha intrapreso approvando la norma che dichiara il 98% del territorio non idoneo. Sicuramente l'impronta fortemente repressiva che caratterizza gli interventi di questo Governo nazionale non aiuta anche il percorso democratico messo in atto dalla Regione Sardegna".
Le parole di Di Nolfo centrano una questione cruciale: il confine tra ordine pubblico e diritto alla protesta. Il movimento anti-speculazione eolica non è nato dal nulla e non è certo il frutto di un capriccio. La Sardegna produce già più energia di quanta ne consumi, con un surplus energetico che viene esportato verso il resto d'Italia. Tuttavia, la Regione si trova di fronte a un'ondata di nuovi impianti eolici e fotovoltaici promossi da grandi multinazionali, senza che le comunità locali abbiano un reale potere decisionale sulla trasformazione del territorio.
Il presidio al porto di Oristano-Santa Giusta è stato una manifestazione di questa resistenza. Già nel luglio 2024, le forze dell'ordine avevano smantellato un'occupazione simile, denunciando 16 persone. Oggi, il daspo urbano contro due attivisti segna un ulteriore inasprimento della risposta istituzionale, creando un pericoloso precedente.
Il punto è proprio questo: se oggi la repressione colpisce chi protesta contro la speculazione eolica, domani potrebbe toccare a chiunque osi mettere in discussione scelte imposte dall’alto. E non è accettabile. Il diritto a manifestare è un pilastro della democrazia e non può essere soffocato da provvedimenti punitivi. Di Nolfo ha ragione: la vera minaccia non sono i manifestanti, ma il potere economico che decide, spesso senza consultare le comunità locali, il futuro dei territori.
Il nodo della questione non è l’energia rinnovabile in sé, ma il modo in cui viene imposta. La Regione Sardegna ha tentato di regolamentare il settore, dichiarando il 98% del territorio non idoneo, ma le autorizzazioni concesse prima della norma continuano a far avanzare i cantieri. Una contraddizione evidente che alimenta la protesta. In questo contesto, reprimere invece di ascoltare è un errore strategico oltre che politico.
Il daspo agli attivisti anti-eolico non è solo una misura discutibile: è il sintomo di un sistema che preferisce silenziare il dissenso piuttosto che affrontarlo. La democrazia non ha bisogno di bavagli, ma di confronto. E le proteste, quando riguardano questioni così rilevanti per il futuro di un territorio, non devono essere criminalizzate, ma comprese. La battaglia per la Sardegna non è finita, e il fronte del no all'eolico selvaggio sembra destinato a crescere, nonostante – o forse proprio a causa – della repressione.