La grande fuga: Quando il concorso scuola in Sardegna diventa un'odissea

  Sembra che il Ministero dell'Istruzione abbia preso un po' troppo alla lettera l'idea di mettere alla prova gli aspiranti insegnanti, trasformando il concorso per la scuola in una versione moderna dell'Odissea, con tanto di viaggio della speranza per i poveri docenti sardi che, per la gloria di una cattedra, dovranno navigare non solo il mare ma anche l'intero stivale italiano. 

  Un insegnante di francese della provincia di Sassari, dopo aver brillantemente superato le prove scritte in Sardegna, si ritrova ora a dover affrontare il viaggio verso l'ignoto: Toscana e Piemonte l'attendono per gli orali. Ma non si tratta di un caso isolato, visto che molti sardi si vedranno costretti a imbarcarsi verso destinazioni esotiche come Sicilia, Campania, Marche e persino il lontano Veneto.

  Una sorta di "turismo concorsuale", come lo definisce con amara ironia l'Anief, che sembra più interessato a svuotare le tasche dei candidati che a valutare le loro competenze pedagogiche. La situazione descritta da questa docente, che si ritrova a dover organizzare un viaggio interregionale con un preavviso degno delle migliori last minute, suona come una beffa in un Paese che ancora fatica a garantire collegamenti decenti tra la propria isola e il continente. Senza contare il "piccolo" dettaglio che, in questo delirio organizzativo, la traccia dell'esame orale viene comunicata solo 24 ore prima, costringendo i candidati a pagare a prezzo pieno aerei e b&b, tra una preghiera e l'altra affinché il Wi-Fi funzioni. 

  Quello che emerge da questa vicenda è un quadro di discriminazione non solo economica, ma anche logistica, che sembra premiare più la capacità di spesa e di sopportazione dei viaggi degli aspiranti insegnanti che la loro effettiva preparazione. Una situazione che getta una luce tutt'altro che lusinghiera sul sistema di reclutamento scolastico italiano, già tormentato da croniche carenze di personale e da una burocrazia labirintica.

  "In sostanza non lo trovo giusto ma discriminatorio", lamenta la professoressa. E come darle torto? In un Paese che da sempre vanta un'educazione di qualità, sembra paradossale che il primo insegnamento impartito ai suoi futuri docenti sia un corso accelerato di sopravvivenza burocratica e finanziaria. In conclusione, se il Ministero dell'Istruzione mirava a innovare il concetto di concorso, beh, missione compiuta. Ma forse, la prossima volta, sarebbe opportuno ricordare che l'obiettivo è formare insegnanti, non esploratori. E chissà, magari garantire che l'unico viaggio che debbano affrontare sia quello verso la conoscenza, e non un tour forzato oltremare.

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