A Lanusei una lezione d’olio e memoria: i bambini riscoprono l’anima contadina dell’Ogliastra

 Nella mattinata del 27 marzo, ventidue bambini della scuola elementare di Arzana hanno compiuto un viaggio che ha il sapore delle radici e il profumo intenso dell’olio nuovo. Accompagnati dalle insegnanti, hanno varcato la soglia di un frantoio ogliastrino a Lanusei, trasformato per l’occasione in un’aula a cielo aperto dove ogni pietra, ogni ingranaggio, ogni odore ha avuto il compito di raccontare una storia.

La visita didattica, parte del progetto Eccellenze d’Ogliastra promosso dal GAL nell’ambito della Filiera Corta, non è stata solo un’escursione. È stata un’immersione antropologica. I piccoli studenti hanno osservato le antiche molazze in pietra, ruotato attorno a presse e torchi, esplorato le macchine moderne che oggi custodiscono lo stesso sapere, reso più efficiente dalla tecnologia. Hanno ascoltato, toccato, domandato. E poi, hanno assaggiato.

Perché il momento più atteso – quello che ha fatto brillare gli occhi e tacere le bocche – è stato la degustazione di pane e olio. Un gesto semplice, arcaico, che ha riunito i millenni sul palmo di una mano. Quel sapore erbaceo, fruttato e vivo ha dato corpo a tutto ciò che avevano appreso: l’olio non è un prodotto qualunque, ma un distillato di pazienza, terra e cultura.

«Non solo una visita, ma un’esperienza di apprendimento», ha commentato Patrizio Re, responsabile del progetto, «questi bambini oggi hanno imparato che dietro ogni goccia d’olio c’è una storia, una comunità, un territorio». E hanno portato questa lezione a casa, letteralmente: ciascuno di loro ha ricevuto un piccolo campione d’olio da utilizzare durante la settimana in una merenda speciale, fatta di pane, olio e consapevolezza.

L’iniziativa rientra tra le azioni del progetto Eccellenze d’Ogliastra, che punta a restituire ai più giovani il filo della memoria contadina. Un filo fatto di vino, ciliegie, miele di corbezzolo, propoli, pappa reale, pane e dolci: un paniere che non è soltanto nutrimento, ma linguaggio identitario.

Attraverso gli occhi di questi bambini, il territorio si guarda allo specchio e si riconosce. E forse, per un istante, ricorda che non c’è innovazione senza radici, né futuro senza memoria.

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