Quarta serata di sanremo 25: Giorgia vince la serata cover con Skyfall, la musica italiana dov'è?

  In una maratona musicale che ha sfiorato le cinque ore di diretta televisiva - complici anche imperdonabili problemi tecnici - il Teatro Ariston si è trasformato in un caleidoscopico palcoscenico dove passato e presente si sono fusi in un esperimento non sempre riuscito. La serata delle cover del Festival di Sanremo 2025 ha offerto uno spettacolo che, come un abito di alta sartoria mal calibrato, ha alternato momenti di raffinata eleganza a cadute di stile tanto nel guardaroba quanto nelle performance. Carlo Conti, vestito con un rigore quasi monacale, ha orchestrato questo carnevale musicale con la precisione di un metronomo svizzero, accompagnato da una Geppi Cucciari che ha saputo dosare ironia e presenza scenica attraverso tre cambi d'abito, ciascuno più audace del precedente. La co-conduzione di Mahmood ha aggiunto un tocco di contemporaneità, anche se il suo guardaroba sembrava in guerra con le tarme. Il paradosso della serata si è manifestato nella scelta dei brani: in quello che dovrebbe essere il tempio della canzone italiana, troppi artisti hanno optato per cover internazionali. 

  "The Sound of Silence", "Skyfall", "Say Something" - sembrava più Eurovision che Sanremo. Una scelta che ha fatto storcere il naso ai puristi, ma che ha anche evidenziato come la musica italiana contemporanea cerchi disperatamente di dialogare con il panorama internazionale. Tra i momenti più surreali, impossibile non citare il duetto tra Lucio Corsi e Topo Gigio in "Nel blu dipinto di blu", che ha dimostrato come la follia, quando ben calibrata, possa trasformarsi in genio. Un'operazione che sulla carta sembrava un azzardo da cabaret si è rivelata uno dei momenti più autentici della serata. I look hanno raccontato una storia parallela alle performance: da Tony Effe, ancora risentito per la rinuncia forzata alla sua collana brandizzata e pronto a lanciare dissing sui social verso Carlo Conti, a Marcella Bella, talmente avvolta nel rosso da poter essere eletta Papa al prossimo conclave. Il guardaroba degli artisti ha oscillato tra l'eleganza ricercata e quello che sembrava un casting per una serie teen su Netflix. La scaletta, meticolosamente organizzata, ha dovuto fare i conti con l'imprevisto: l'esibizione di Bresh con Cristiano De André in "Crêuza de mä" è stata ripetuta ben due volte e mezzo a causa di vergognosi problemi tecnici che hanno fatto storcere il naso a molti, considerando che parliamo del servizio pubblico. 

  Un intoppo che ha contribuito a dilatare ulteriormente una serata già monstre. La manifestazione ha dimostrato come il Festival, nel tentativo di accontentare tutti - tradizionalisti e innovatori, giovani e meno giovani - rischi talvolta di perdere la bussola. Eppure, proprio in questo caos apparente, nella mescolanza di generi, stili e generazioni, risiede il fascino perenne di Sanremo: uno specchio deformante ma sincero della nostra cultura pop. Non tutti gli esperimenti sono riusciti, non tutti i duetti hanno funzionato, non tutti i look hanno convinto. Ma forse è proprio questo il bello di una serata delle cover: la libertà di osare, di sbagliare, di tentare strade nuove. Anche se questo significa vedere un rapper interpretare Califano con la credibilità di un venditore di gelati al Polo Nord. In fondo, come ogni anno, la serata delle cover ci ricorda che Sanremo è Sanremo: un magnifico circo dove l'eccesso è la norma, dove il cattivo gusto può trasformarsi in cult e dove, tra una stonatura e l'altra - e qualche problema tecnico di troppo - si nasconde sempre qualche momento di autentica magia. La serata cover, come ogni paradosso possibile, è stata vinta da Skyfall, pezzo straniero di Adele, cantato da Giorgia insieme con Annalisa.

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