Se il calcio fosse un film, il Cagliari di questa stagione sarebbe quel
personaggio secondario che si presenta sempre con le migliori
intenzioni, ma che alla fine inciampa sui propri piedi e manda tutto
all’aria. Contro la Juventus, i rossoblù hanno regalato l’ennesima
prova di quanto sia difficile sfidare una squadra già di per sé più
forte quando, oltre ai limiti tecnici, ci si mette anche del talento
nell’autosabotarsi.
La partita ha avuto un chiaro protagonista in positivo: Caprile,
l’unico che sembra aver capito che in Serie A si gioca con l’obiettivo
di non farsi travolgere. Le sue parate sono state la flebile candela
accesa in una notte senza luna. Ha dovuto assistere impotente al
crollo della baracca, complice una fiducia mal riposta in un
compagno di squadra che, purtroppo, non ha avuto la stessa
lucidità, mentre lui poi ha negato più volte il gol agli avversari, per
riscattare l’erroraccio di Yerry Mina. Il colombiano ha deciso di
inseguire il pallone con lo stesso trasporto di un turista che cerca
disperatamente di prendere il tram già in partenza, anziché
chiudere in scivolata e spegnere ogni velleità bianconera.
Il
risultato? Un gol regalato su un piatto d’argento a Vlahovic e un
Cagliari che si ritrova a mani vuote. Un peccato, perché al netto di
quell’orrore, la sua prestazione non sarà poi da buttare nel resti del
match, ma nel calcio non conta quanti buoni interventi fai se ne
sbagli uno che compromette tutto.
Dietro, Luperto è stato tra i pochi a dare un’idea di solidità, mentre
sugli esterni Zappa e Augello hanno giocato con la stessa
ispirazione di due camerieri che, appena arriva il cliente più
esigente del locale, decidono di prendersi una pausa sigaretta.
L’elemento più surreale della serata? Appena entra Pavoletti, si
smette di crossare. Una scelta tattica che meriterebbe un
documentario di inchiesta.
A centrocampo, invece, il Cagliari ha mostrato il solito mix di
confusione e sterilità offensiva. Makoumbou ha gestito il pallone
come se fosse un ospite indesiderato, rinviandolo al mittente ogni
volta che ne aveva l’occasione, sempre se riusciva a non perderlo
nel frattempo, riuscendo rare volte a proporlo in avanti in maniera
soddisfacente. Adopo e Viola hanno provato a dare un senso alla
manovra, ma sono sembrati, a tratti, dei figuranti in una scena dove
la palla finisce sempre all’attore sbagliato.
E poi c’è Piccoli, o meglio, l’ombra di ciò che dovrebbe essere una
prima punta.
Ma qui la colpa non è neanche sua: è stato spedito in
trincea senza munizioni, chiamato a fare il centravanti senza
ricevere un solo pallone decente. Se non altro, questa partita ha
sancito un dato ormai evidente: il Cagliari è l’unica squadra a non
avere un attaccante in grado di segnare con continuità. Ma a chi
dare la colpa?
Ed è qui che arriviamo alla società, che in tutto questo ha avuto
mesi per trovare una soluzione e ha deciso invece di restare a
guardare, come quei turisti che si accorgono solo all’ultimo di aver
sbagliato volo. Era chiaro sin da settembre che serviva un bomber
affidabile, eppure nulla. Nessun colpo di mercato, nessuna
scommessa sensata. Solo un reparto offensivo lasciato nelle mani
di chi, evidentemente, non è pronto per certi palcoscenici e due
esterni schierati in modo da renderli inermi.
Infine, Mister Nicola, che con la sua gestione ha dato vita a una
serie di scelte tattiche che farebbero impallidire anche un dilettante
del Fantacalcio. Ok, l’errore iniziale di Mina non è colpa sua, ma il
resto? Sposta Luvumbo dalla fascia dove stava facendo bene e lo
mette a vagare in cerca di un senso dall’altra parte, mentre Coman
viene piazzato senza poter contare sulla vicinanza di Marin, che
invece viene impiegato arretrato anziché essere sfruttato in avanti
e, dulcis in fundo, entra Pavoletti e cessano i cross, come se ci
fosse un accordo segreto per evitare che possa colpire di testa. Ma
la ciliegina sulla torta è il coraggio mancato: quando serviva osare,
il Cagliari è rimasto a metà strada tra il difendersi male e l’attaccare
senza idee.
Il risultato? Un’altra sconfitta, un altro rimpianto, un’altra notte
passata a chiedersi cosa sarebbe successo se solo questa squadra
avesse avuto una punta vera e un briciolo di logica tattica. Ma
forse, in questa stagione, i "se" sono ormai il vero schema di gioco
del Cagliari.