Ah, il campionato italiano di Serie A è scarso.
Lo scrivo in apertura e non voglio essere frainteso.
È scarso di competitività, di emozioni. Il calcio italiano cura molto di più la fase difensiva che quella offensiva. Siamo maestri nel difenderci, ma non nell'attaccare.
Mi ricordo Ian Rush, un attaccante gallese che giocava nel Liverpool negli anni '80. Nel campionato inglese segnava a raffica e decise di approdare in Italia. Fu un flop clamoroso, ma come dice una canzone di Celentano, C'è sempre un motivo. Il calcio inglese è sempre stato famoso per le marcature da 5 metri, dette anche "marcature leggere".
In Italia, Ian Rush fu letteralmente bullato dai difensori italiani, mentre Alan Shearer, bomber del Newcastle, preferì desistere dall'assaggiare il calcio italiano.
Ma questo è il nostro calcio: gli attaccanti italiani segnano poco, e non solo in Italia, ma anche fuori dai confini. Il capocannoniere della Nazionale Italiana è ancora il grande Gigi Riva, e questo giustifica la carenza attuale degli attaccanti italiani sotto porta.
Sono i numeri che ci spiegano perché le squadre italiane fanno fatica in Europa: sono quelle che verticalizzano di meno, creano meno, perché la mentalità è quella. Si preferisce non prenderle piuttosto che darle. Provate a leggere una qualsiasi classifica di Serie A a fine stagione: sembrano tre campionati in uno.
C'è una differenza di punti importante tra la prima e la decima, o tra la decima e l'ultima, e tutto questo ci dice, purtroppo, che il livello è molto basso.
Sembra incredibile, ma pare che sia più facile vincere il campionato che ottenere una salvezza. Forse il problema sta proprio nella mentalità. Un weekend calcistico in Italia non passa mai indenne: di una singola partita se ne può parlare anche per un mese di fila, senza sconti.
Il calcio è uno sport meraviglioso, forse perché è opinabile. Ma ricordatevi: la strada è di chi se la piglia.