A quarant'anni di distanza dalla strage di Ustica, il mistero che avvolge l'abbattimento del DC-9 dell'ITAVIA resta uno degli enigmi più tormentosi della storia contemporanea italiana. Il 27 giugno 1980, 81 persone persero la vita nel Tirreno meridionale in circostanze che rimangono, a tutt'oggi, nebulose. Quella sera, il volo IH870 decollò da Bologna diretto a Palermo, ma non arrivò mai a destinazione.
Il contatto radio si perse, il segnale del trasponder si interruppe tra le isole di Ponza e Ustica, e solo con le prime luci dell'alba furono trovati i resti dell'aereo e le prime vittime.
Le indagini che sono seguite nel corso degli anni hanno formulato varie ipotesi: dal cedimento strutturale – l'aereo, un modello anziano, aveva avuto una pregressa vita non senza difficoltà – fino alla più inquietante teoria dell'abbattimento da un missile, ipotesi suffragata dalla notevole attività militare aerea nella zona quella sera. Ciò che è certo è che il DC9 ammarò integro per poi inabissarsi lentamente, lasciando emergere solo una parte delle vittime, con ferite che parlavano di una morte causata non dall'annegamento, ma dalla violenta decompressione.
La battaglia giudiziaria intrapresa dai familiari delle vittime ha visto lo Stato italiano risarcire i parenti, ma senza fornire una risposta definitiva sulle cause che portarono alla tragedia.
La mancanza di chiarezza e la penombra che ancora oggi circonda la vicenda di Ustica non sono solo un fallimento della giustizia, ma una ferita aperta nella coscienza nazionale, un simbolo di tutte quelle verità storiche che restano celate, forse irraggiungibili.
Ogni anniversario riporta alla luce la frustrazione e il dolore dei familiari delle vittime, ricordandoci che la verità è un diritto imprescindibile.
Non solo per chi ha perso i propri cari in quella tragica serata, ma per l'intera società che, in assenza di chiarezza, si trova a dover convivere con il dubbio e il sospetto. La strage di Ustica rimane un monito severo sull'importanza della trasparenza e dell'affidabilità delle istituzioni, ricordandoci che la storia, per essere insegnamento, deve essere prima di tutto conoscenza. Solo portando alla luce la verità, si potrà sperare di rendere giustizia alle vittime e di chiudere, forse, un capitolo doloroso della nostra storia recente.