INGREDIENTI per 4 persone
· anguille di media grandezza(10-12 pz.a kg), circa 1,5 kg
· 3 pugni di sale
· aglio
· alloro (dieci foglie)
· formaggio grattugiato (pecorino o parmigiano)
PREPARAZIONE
Pulire bene le anguille sfregandole con abbondante sale grosso o carta porosa ripetendo l'operazione fino a ripulirle totalmente dalla sostanza viscida che le ricopre. Privarle della testa e delle viscere e lavarle sotto abbondante acqua corrente.
In una pentola mettere dell'acqua fredda, una testa d'aglio con gli spicchi schiacciati e una decina di foglie di alloro.
Far scaldare e mandare a ebollizione, aggiungendo poi 3 pugni di sale grosso
e le anguille precedentemente pulite. Far cuocere il tutto per 20/25 minuti.
Terminata la cottura, preparare il vassoio da portata ricoprendone il fondo
con il formaggio grattugiato, scolare le anguille con una schiumarola
e disporle nel vassoio, lasciandovi gocciolare un po' d'acqua di cottura;
continuare a spolverare con il formaggio grattugiato fino a formare più strati.
Decorare a piacere con foglie di alloro e fettine di limone e servire sempre ben caldo.
La Sardegna è una terra ricca di ambienti umidi di straordinario valore naturalistico, lagune e stagni costieri al confine fra terra e mare, che rappresentano ecosistemi caratterizzati da un'elevata biodiversità. La gran parte degli ambienti umidi sono localizzati nel golfo di Oristano e nel golfo di Cagliari ma zone umide di minore estensione sono distribuite lungo tutte le coste dell'isola.
La pesca lagunare, così come la raccolta e la caccia, sono storicamente le pratiche di sussistenza più diffuse in Sardegna. I ritrovamenti di vertebre di pesci e gusci di molluschi acquatici, residui dei pasti degli antichi abitanti dell'isola, nelle capanne dei villaggi sorti in prossimità dello stagno di Cagliari e delle lagune del Sulcis Iglesiente e dell'Oristanese, sono risalenti al neolitico antico, circa 6.000 anni a.C.. Esistono numerose testimonianze dell'utilizzo dei prodotti lagunari anche relativamente al periodo nuragico, fenicio e romano: i resti di molluschi ritrovati in centri abitati dell'interno, distanti dai luoghi di pesca anche parecchi chilometri, indicano con buona certezza che gli “arsellari” di Cagliari e Oristano commercializzavano il loro prodotto in tutta l'isola. Nell'ipogeo della chiesetta di San Salvatore di Cabras ad esempio, sono state rinvenute raffigurazioni di scene di pesca con tipiche imbarcazioni di laguna tra le quali è stato riconosciuto anche lo schizzo di un “fassoni”, l'imbarcazione di giunchi utilizzata dagli abilissimi pescatori degli stagni dell'Oristanese, che rimanendo in piedi si muovono spingendo sul fondale con una lunga pertica. L'utilizzo dei “is fassonis” era legato alla pesca soprattutto del muggine, ma naturalmente veniva utilizzato anche come comodo mezzo di trasporto sulla laguna.
Dal Medioevo in poi, anche a causa delle numerose incursioni di sareceni e spagnoli, i sardi iniziano a prediligere le pratiche dell'agricoltura e della pastorizia, abbandonando per motivi di sicurezza la pesca sulle coste per concentrarsi maggiormente su stagni e lagune che continuano a garantire per secoli produzioni abbondanti e rinomate. Per questo motivo regnanti e ordini religiosi iniziano a esercitare un controllo diretto su tali zone attraverso, per esempio, l'istituzione di registri patrimoniali, laici o ecclesiastici, tenuti per documentarne la proprietà. Anche nel periodo giudicale lo sfruttamento di stagni e lagune era sottoposto al governo delle autorità: nel 1237, ad esempio, Pietro II, Giudice di Arborea, accorda ai monaci del monastero di Santa Maria di Bonarcado la libertà di pesca nella peschiera di Mar'e Pontis (Cabras) e nello specchio di mare antistante, come riporta Pasquale Tola, 1861-68, nel Codex Diplomaticus Sardiniae. In alcuni casi, come per gli stagni di Santa Giusta e di Cabras, la proprietà privata è rimasta quale esempio di sopravvivenza del feudalesimo sino a tempi recenti. Solo nel secolo scorso la Regione Sardegna ha abolito i diritti esclusivi e perpetui di pesca introducendo la disciplina di esercizio della pesca nelle acque interne e lagunari.
La produzione ittica delle zone lagunari isolane è piuttosto rilevante: abbondante è infatti la pesca di diverse tipologie di muggine, ma anche di arselle e vongole, granchi e anguille. Oltre al prodotto fresco, un'elevata importanza nella produzione ittica delle lagune sarde è rappresentata dai prodotti trasformati: la bottarga, sa merca e il pesce affumicato, ottenuti dalla lavorazione dei muggini, rappresentano un fiore all'occhiello della tradizione gastronomica dell'isola.
Uno dei piatti più tipici delle lagune, in particolare di quelle dell'oristanese, sono le anguille. La pesca dell'anguilla in Sardegna è un'attività antichissima, che si concentra soprattutto nei mesi da ottobre a febbraio e da aprile a luglio. Le ore migliori per la pesca dell'anguilla sono dal crepuscolo fino a tutta la notte, oppure di giorno ma con le acque molto sporche, dovute a forti piogge dei giorni precedenti.
Le anguille rappresentano un alimento apprezzato per numerose ricette, soprattutto grazie alla loro carne prelibata che, essendo leggermente grassa, le rende adatte a diversi tipi di preparazioni. Oltre che essere ottime arrostite allo spiedo (piatto sardo tipicamente natalizio) si prestano bene per la preparazione di un piatto annoverato fra le ricette tipiche della gastronomia degli Stagni della zona di Oristano: “S'anguidda incasada”. In questo piatto le anguille vengono fatte bollire in acqua salata e arricchita con aromi, scolate e ricoperte con abbondante pecorino semi-stagionato.