La cucina sarda durante la Pasqua ha origini antiche, radicate nella tradizione agro-pastorale dell'isola. In passato, le festività pasquali rappresentavano un momento di rinascita spirituale e di abbondanza dopo la Quaresima, e la tavola si riempiva di piatti simbolici e nutrienti.
Il protagonista indiscusso è l’agnello, cucinato arrosto, al forno con patate o in umido con piselli, piatto che rappresenta il sacrificio e la rinascita. Non meno importante è il pane pasquale decorato, come il coccoi cun s’ou, un pane artistico in cui viene incastonato un uovo sodo, spesso preparato dalle donne del paese con forme che richiamano simboli religiosi e della natura.
Tra i dolci spiccano le pardulas, piccole tortine di ricotta o formaggio aromatizzate con scorza d’agrumi e zafferano, e le casadinas, simili ma tipiche di altre zone dell’isola. Non mancano i gueffus, dolcetti di mandorle e zucchero avvolti in carta colorata, e le formaggelle, in cui la pasta friabile racchiude un ripieno di formaggio e uvetta.
Nel tempo, pur mantenendo la tradizione, molte famiglie e ristoratori hanno introdotto rivisitazioni moderne: l’uso di ingredienti locali è stato arricchito con tecniche contemporanee, rendendo i piatti più leggeri ma senza perdere l’identità. Alcuni chef sardi hanno reinterpretato l’agnello con cotture a bassa temperatura o marinature con erbe spontanee dell’isola, mentre i dolci tradizionali sono stati proposti in versioni gourmet, con creme leggere e impiattamenti raffinati. Anche la presentazione del pane artistico si è evoluta, diventando oggetto di mostre e concorsi.
La cucina sarda a Pasqua, quindi, è un perfetto esempio di come la cultura possa evolversi senza spezzare il legame con il passato, portando avanti con orgoglio un patrimonio culinario che parla di identità, memoria e amore per la terra.