La storia del calcio non è fatta soltanto di date e risultati. È un intreccio di emozioni, gesti tecnici irripetibili e protagonisti che hanno inciso nel cuore dei tifosi come scalpelli nella pietra. Ronaldo Luís Nazário de Lima, conosciuto semplicemente come “il Fenomeno”, non ha lasciato solo ricordi: ha scritto una rivoluzione.
Un centravanti con l’accelerazione di un velocista e la tecnica di un fantasista. Palla al piede sembrava muoversi con un’altra gravità, con quella falcata devastante capace di seminare difensori come fossero birilli. I suoi doppi passi ubriacanti e le sterzate improvvise non erano solo spettacolo, erano puro incubo per i migliori difensori del mondo.
Alessandro Nesta, uno dei più grandi difensori della storia, non ha mai dimenticato la finale di Coppa Uefa tra Inter e Lazio: “Con altri attaccanti te la potevi giocare, con lui no. Quando uscii dal campo, sconfitto, ero comunque soddisfatto. Avevo dato tutto, ma non era bastato per fermarlo.”
Quell’accelerazione brutale, mista a una sensibilità di tocco disarmante, lo rese unico. Fino a quando il tendine rotuleo decise che quel prodigio era destinato a fermarsi. La maledizione degli infortuni gli tolse molto, forse tutto, ma non la sua eredità. Perché il Fenomeno non si misura solo con i numeri. È il ricordo di quello che avrebbe potuto essere e che, nonostante tutto, è stato.
I grandi del calcio hanno il loro trono virtuale. Ronaldo ci si siede accanto a Maradona, Pelé e Messi, nonostante le ginocchia lo abbiano tradito. Perché il suo nome resterà immortale per quello che ha dato, non per quello che gli è stato negato.
Alla prossima pagina, per continuare il racconto degli imperatori del calcio.