In Sardegna, la protesta contro la speculazione energetica non è più una questione di pochi dissidenti isolati. Il movimento, sostenuto da comitati di cittadini, intellettuali, sindaci, enti locali, associazioni, artisti e imprenditori, sta crescendo con forza, spinto dall'indignazione popolare contro le multinazionali dell'energia. Questo risentimento non è solo diretto verso l'alto costo delle bollette energetiche, ma è anche una risposta alla malasanità, alla fuga dei giovani, alla disoccupazione e alla crisi agricola aggravata dalla siccità.
Il movimento contro la speculazione energetica in Sardegna ha preso piede in risposta a una serie di fattori.
Innanzitutto, c’è la percezione di un’aggressione al territorio, con le multinazionali che impongono progetti di mega parchi eolici e fotovoltaici senza consultare le comunità locali. Questi progetti spesso portano benefici minimi alle comunità ospitanti, mentre i costi ambientali e sociali sono elevati. La protesta di Saccargia, che ha visto migliaia di partecipanti, è solo una delle tante manifestazioni che hanno attraversato l'isola, coinvolgendo vari comuni e culminando in azioni come il blocco dei tir con le pale eoliche al porto di Oristano.
Il governo regionale, che avrebbe dovuto proteggere gli interessi dei cittadini, è stato accusato di arroganza e di mancata risposta alle esigenze della popolazione. Le istituzioni sembrano più interessate a mantenere buoni rapporti con le multinazionali che a difendere il territorio e i suoi abitanti. La richiesta di una moratoria per fermare temporaneamente questi progetti, per permettere un'analisi più attenta e la formulazione di un piano energetico condiviso con le comunità locali, è rimasta in gran parte inascoltata.
La società civile ha risposto organizzandosi in modo capillare, con comitati locali che coordinano le proteste e forniscono un punto di riferimento per i cittadini esasperati.
Le manifestazioni non sono solo momenti di protesta, ma anche occasioni di dibattito pubblico e di elaborazione di proposte alternative, come la "democrazia energetica", che mira a rendere l’energia un bene comune gestito in modo sostenibile e partecipato dalle comunità.
La partita in Sardegna è aperta, e il rischio per la classe politica è di essere travolta da un'ondata di indignazione popolare. Il tempo delle paillettes e dei sorrisi di facciata deve finire, per lasciare spazio a una politica concreta e competente che ascolti e risponda ai bisogni dei cittadini. La protesta contro la speculazione energetica è solo la punta dell’iceberg di un malcontento più profondo, che richiede risposte urgenti e concrete.