In Sardegna, ormai, chiunque abbia uno straccio di server o un misero account di posta elettronica si ritrova a fare i conti con i signori del crimine informatico, moderni briganti digitali che non puntano più al bestiame brado ma ai dati sensibili e ai conti correnti. I numeri, d’altronde, parlano chiaro – e come potrebbe essere altrimenti se non ci fossero stati i ricercatori di Confartigianato Imprese Sardegna a ricordarci l’ovvio?
Nell’Isola, nel 2023, si contano oltre 8.000 denunce di reati informatici. Tra queste, ben 3.500 arrivano direttamente dalle imprese, a conferma che oggi non bastano più un antifurto, un lucchetto e il santo in paradiso per dormire sonni tranquilli. C’è il phishing (che non è una nuova moda gourmet, ma un inganno telematico per spillare password), ci sono le frodi telematiche, gli accessi abusivi ai sistemi, le contraffazioni digitali e tutto il caravanserraglio tecnologico del malaffare.
I dati ISTAT, elaborati da Confartigianato, dipingono un panorama in cui il virtuoso sardo, sin troppo a lungo avvezzo ad affidarsi al buon senso e al cugino “che capisce di computer”, si trova intrappolato nella rete (nel senso letterale di internet, non di una cospirazione hollywoodiana, anche se l’effetto finale è lo stesso).
Certo, qualcuno potrebbe dire: “Ma dai, non siamo messi così male, la crescita dei reati informatici isolani (+34,6% dal 2019 al 2023) è pur sempre inferiore alla media italiana (+45,5%)!”. Come se il paragone con chi affonda più in fretta fosse un balsamo per l’orgoglio ferito. Del resto, anche essere secondi in una classifica della vergogna resta una magra consolazione.
Le imprese, e qui parliamo soprattutto di quelle piccole e medie, sono nell’occhio del ciclone: nel 2023 ben il 43,8% delle denunce informatiche sarde proviene dal mondo produttivo. E se uno volesse rifugiarsi nel luogo comune delle aree più o meno colpite, ecco i dati provinciali: a Cagliari si registrano +9,4% di denunce totali in un anno, a Nuoro +6,2%, a Oristano +3,8%. Unica nota lievemente consolante (si fa per dire): nell’area di Sassari-Gallura si registra un -4%, ma calma: 2.404 denunce non sono esattamente numeri da far brindare con lo spumante.
Non stupisce dunque il richiamo di Fabio Mereu, Vice Presidente Regionale di Confartigianato Sardegna: “Non abbassate la guardia! Investite in sicurezza informatica, formate il vostro personale, collaborate con le Forze di Polizia.” Tradotto: il crimine corre sul filo, anzi sulla fibra, e se non alzi le mura virtuali, la porta del tuo capannone digitale è sempre spalancata. Il problema, sottolinea Mereu, è anche la carenza di figure professionali specializzate: trovare un esperto di cyber security diventa un’impresa nell’impresa. Perché a quanto pare, nell’Italia che si vanta del proprio genio creativo, il genio digitale preferisce farsi assumere altrove o svanire nel nulla, lasciando le aziende sarde alla mercé dei farabutti informatici.
E non si illudano coloro che pensano: “È un problema solo sardo.” Il report ricorda che in Italia i reati informatici vanno a gonfie vele. Con 55 reati ogni 100 mila abitanti, siamo al sesto posto tra i paesi Ue, una medaglia di cartapesta da appuntarsi sul bavero.
Siamo superiori a Francia (24), Germania (20) e Spagna (15). Evidentemente, i criminali del byte hanno trovato nel Belpaese un supermercato di dati e soldi dove tutto è self-service.
Non sarà un caso se quasi il 70% delle imprese che cercano progettisti e amministratori di sistemi non riesce a trovarli. Un bel rompicapo: aumenta la digitalizzazione, crescono gli investimenti in tecnologia, ma scarseggia chi sappia proteggerli. Eppure dal 2023, il 43,1% delle imprese digitalizzate ha indicato un investimento significativo in cyber sicurezza, in aumento rispetto al 35,5% del quinquennio precedente. Insomma, la voglia di difendersi c’è, ma senza i “soldati” la cittadella rimane vulnerabile.
Lo dice lo stesso Vice Presidente: “Difendere le PMI dai criminali informatici è una responsabilità condivisa.” Un invito alla concordia e all’unione tra imprenditori, esperti e Forze dell’Ordine, più che mai urgente. Perché se non si fanno squadra e non si investe in formazione, la Sardegna (e l’Italia intera) rischia di restare prigioniera nella rete dei truffatori. E per chi sogna un futuro prospero in un mondo digitale, non c’è niente di più scoraggiante che doversi guardare continuamente le spalle da chi trasforma la tecnologia in un’arma a doppio taglio.