L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti portò un immediato scossone agli equilibri geopolitici globali. Fin dall’inizio, il rapporto tra Trump e Vladimir Putin fu oggetto di attenzione, critiche e analisi serrate. Per la prima volta dopo anni, la Casa Bianca sembrava aperta all’idea di un dialogo più disteso con Mosca, e questo metteva in allarme una parte dell’Europa. Il presidente americano, con il suo stile diretto e imprevedibile, non nascondeva la volontà di ridefinire le relazioni con la Russia, puntando a un pragmatismo che molti trovavano disorientante.
Trump non era certo un amico della tradizione diplomatica. Dichiarazioni come “Andare d’accordo con la Russia sarebbe una buona cosa” sfidavano decenni di politiche bipartisan che avevano visto in Mosca una minaccia costante. Questo messaggio, ripetuto più volte nei suoi primi mesi di mandato, trovò terreno fertile tra i suoi sostenitori, che vedevano in lui un leader capace di rompere gli schemi. Tuttavia, il rapporto tra Stati Uniti e Russia, anche sotto Trump, non fu privo di tensioni. La sua amministrazione, spesso in contrasto con il presidente stesso, mantenne una linea dura su molti fronti, imponendo nuove sanzioni in risposta a presunti cyberattacchi e ad altre azioni ostili.
Il vertice di Helsinki nel 2018 rappresentò un punto di svolta simbolico. Trump e Putin si incontrarono in una cornice che prometteva apertura e dialogo, ma il risultato fu più complesso. Durante la conferenza stampa congiunta, Trump sembrò dare credito alle parole di Putin riguardo all’ingerenza russa nelle elezioni del 2016, contraddicendo le agenzie di intelligence americane. Questo gesto sollevò critiche feroci in patria e alimentò le accuse di debolezza verso Mosca. Eppure, per Trump, Helsinki rappresentava il tentativo di ricostruire un rapporto utile agli interessi americani, anche a costo di sfidare la narrativa dominante.
L’Europa, da parte sua, osservava con preoccupazione. Per Paesi come la Polonia e le Repubbliche Baltiche, che vedono nella Russia una minaccia costante, qualsiasi segnale di distensione tra Washington e Mosca era motivo di allarme. La NATO, pilastro della sicurezza europea, fu spesso criticata da Trump, che accusava gli alleati di non contribuire abbastanza alle spese militari. Queste parole, sebbene volte a ottenere un maggiore impegno da parte europea, alimentarono la sensazione di una possibile riduzione dell’impegno americano nella regione.
In Italia, il dibattito fu meno polarizzato. Tradizionalmente favorevole a mantenere un dialogo con Mosca, il nostro Paese cercò di bilanciare il rapporto con gli Stati Uniti senza allontanarsi dalla linea comune europea sulle sanzioni. Trump stesso mostrò interesse per l’Italia, riconoscendone l’importanza strategica nel Mediterraneo e nel contesto delle relazioni euro-atlantiche. Temi come l’energia, con il dibattito sul gasdotto Nord Stream 2, e la lotta al terrorismo rappresentarono punti di contatto tra Washington e Roma.
La politica energetica fu, infatti, uno degli ambiti più caldi. Trump si oppose con forza al Nord Stream 2, considerato un progetto che avrebbe aumentato la dipendenza dell’Europa dal gas russo. Sebbene l’Italia non fosse direttamente coinvolta, la questione rifletteva l’importanza del controllo sulle rotte energetiche, un tema cruciale per gli interessi nazionali italiani nel Mediterraneo. Il messaggio di Trump era chiaro: l’Europa doveva diversificare le proprie fonti energetiche e ridurre la dipendenza da Mosca.
Ciò che rese unico il rapporto di Trump con la Russia e l’Europa fu la sua capacità di mescolare retorica e azione in modi spesso contraddittori. Mentre parlava di un dialogo con Putin, la sua amministrazione continuava a rafforzare la presenza militare americana in Europa dell’Est e ad aumentare le pressioni economiche su Mosca. Questa doppia faccia confondeva alleati e avversari, ma rivelava un pragmatismo che era parte integrante della sua strategia “America First”.
L’Italia, dal canto suo, seppe navigare tra le acque turbolente di questa relazione complessa, mantenendo aperti i canali con gli Stati Uniti e continuando a perseguire un dialogo costruttivo con Mosca. La capacità di equilibrio del nostro Paese si dimostrò preziosa in un momento storico in cui le certezze globali sembravano sempre più fragili.
Nel prossimo articolo, esploreremo un altro tema fondamentale della presidenza Trump: la sua politica economica, dai dazi alla riforma fiscale, e il suo impatto sull’America e sull’Europa. Restate con noi per continuare questo viaggio nell’era Trump.