In questa Italia, dove le tragedie diventano strumenti di propaganda, ecco che il caso Ramy si erge come l'ennesimo simbolo di una nazione in preda a crisi identitarie e politiche. Un giovane egiziano, Ramy Elgamal, perde la vita in un inseguimento che ha tutta l'aria di un copione già visto, già scritto, già recitato mille volte sui palcoscenici televisivi e nei talk show politici.
Non ti fermi a un posto di blocco? Ecco che sei tu il colpevole, il responsabile della tua stessa sorte. Non importa se la tua fuga è dettata dalla paura o dall'incoscienza, l'Italia si divide in due schieramenti: quelli che vedono nei carabinieri l'ordine e la giustizia, e quelli che vedono nell'uniforme l'abuso di potere. Ma questa storia non è una semplice dicotomia, no, è il riflesso di un male più profondo, che giace nel cuore del nostro paese.
Ramy e l'amico Fares Bouzidi diventano martiri, simboli di una lotta che non li riguarda, mentre l'Italia, quella vera, quella che vive l'inflazione, la disoccupazione, il disagio quotidiano, viene relegata ai margini del dibattito.
Siamo un paese malato, dove la verità viene sommersa dalla propaganda, dove i dolori reali delle persone vengono usati come armi elettorali, dove il benaltrismo non è una scusa ma una realtà tangibile.
I media, con la loro sete insaziabile di titoli sensazionali, ci raccontano di inseguimenti, di speronamenti quasi fossero partite di bowling dove i fuggitivi sono i birilli. La giustizia? Si perde tra le frasi di commentatori e politici, tra direttori di giornali che affermano con leggerezza che chi non si ferma a un alt si auto-condanna a qualsiasi conseguenza. Ma dov'è la responsabilità di chi insegue? E di chi scappa? Dov'è la proporzionalità dell'azione?
Le immagini del caso Ramy si mescolano a quelle di altri incidenti, come in un grottesco collage, dove la verità viene distorta per servire una narrazione politica o per ingannare l'occhio del telespettatore. Le trasmissioni televisive ci offrono un esempio lampante di come si possa confondere il pubblico, accostando vicende diverse come fossero specchi di una stessa realtà, ma ignorando le sfumature e le differenze facendo propendere da una o dall'altra parte a seconda del padrino di turno.
Questo è il riflesso di un'Italia che ha smarrito il senso del giusto e dell'ingiusto, che preferisce creare eroi e nemici piuttosto che cercare la verità. E mentre i politici si ergono a paladini o a critici, la famiglia di Ramy, come tante altre, resta nel silenzio, a lutto, in un paese che ha dimenticato il valore della vita umana in favore dello spettacolo mediatico.
Ecco l'Italia di oggi: un paese in cui la verità è un bene prezioso e raro, dove la giustizia è spesso una vittima sacrificale sull'altare della propaganda.