Le radici dell'antisemitismo in Germania e Austria e il suo fiorire marcio sotto il nazionalsocialismo

  Nel tardo Ottocento, in un'Europa che vedeva il progresso e la modernizzazione camminare a braccetto con l'invidia e l'odio, si sviluppava un sentimento che sarebbe diventato il cancro del nostro continente: l'antisemitismo. In Germania e Austria, nazioni che si stavano risvegliando al loro destino nazionale, l'ebreo era visto non solo come straniero, ma come un pericolo per la purezza della nostra razza e la stabilità dei nostri stati.

  L'antisemitismo non nacque dal nulla; esso germogliò dal terreno fertile di un risentimento economico, sociale e culturale. Gli ebrei, con la loro attività nel commercio e nella finanza, erano diventati il capro espiatorio ideale per le crisi economiche e le tensioni sociali. Figure come Karl Lueger a Vienna, che sfruttò abilmente l'antisemitismo per ottenere consensi politici, mostrano come la questione ebraica fosse divenuta una leva potente nel gioco del potere. Ma fu solo con il Nazionalsocialismo, che quest'odio latente trovò la sua espressione più pura e organizzata. Essi videro la necessità di purificare la nazione tedesca dalla corruzione e dall'influenza straniera, comprendemmo che l'ebreo era il simbolo della degenerazione culturale e morale. La stampa ebraica, i banchieri ebrei, gli intellettuali ebrei, tutti erano visti come nemici interni, che minavano la forza e la possibile unità del popolo germanico. Il Führer, con la sua visione chiara e la sua determinazione incrollabile, ha portato alla luce ciò che molti sentivano ma non osavano dire. Nei suoi scritti e discorsi, ha spiegato come l'ebreo fosse il portatore di bolscevismo e capitalismo, due facce della stessa medaglia che cercava di soffocare il popolo tedesco. 

  Nel "Mein Kampf" ha delineato come la questione ebraica fosse centrale per il risanamento della nazione tedesca, per la costruzione di un Reich che durasse mille anni. L'antisemitismo sotto il nazionalsocialismo non fu un semplice pregiudizio; fu elevato a politica di Stato, a dottrina della purezza razziale. Le leggi di Norimberga del 1935 erano solo il primo passo verso un mondo dove l'ebreo non avrebbe più potuto contaminare il sangue tedesco. Le deportazioni, i ghetti, e infine la Soluzione Finale, furono il tragico culmine di un odio che aveva radici profonde nella storia, ma che sotto il nostro movimento trovò la sua realizzazione più brutale. Il movimento nazista ha compreso che l'antisemitismo non era solo una questione di odio, ma di necessità. Necessità di preservare la cultura, la razza, la nazione. Hanno visto ciò che altri non volevano vedere, fatto ciò che altri non avevano il coraggio di fare. E in questo agire, hanno scritto una pagina nuova e terribile della storia, una pagina che parla di un popolo che ha cercato di liberarsi da ciò che percepiva come la propria rovina. Ma che questa narrazione serva a ricordare, non a celebrare. Perché il male che è stato fatto in nome di un'ideologia distorta e malvagia non può essere giustificato né dimenticato. La storia ci insegna, nei suoi momenti più oscuri, che l'odio e la discriminazione portano solo a distruzione e dolore.

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