Parco di Porto Conte, le associazioni denunciano omissioni e mancanza di trasparenza: “senza le foto-simulazioni i campi ormeggio sono privi di fondamento”

  Un progetto contestato da tempo, quello dei campi ormeggio nell’Area Marina Protetta di Capo Caccia - Isola Piana, ora torna sotto i riflettori con nuove accuse. Le associazioni APS Punta Giglio Libera, Earth Gardeners, Italia Nostra Sardegna, Lipu, Parco NordOvest Sardegna, SardegnAmbiente, Sardenya i Llibertat e ANS Assemblea Nazionale Sarda hanno inviato una lettera dettagliata alle istituzioni, evidenziando omissioni che potrebbero minare la legittimità del progetto stesso. Al centro della denuncia vi è l’assenza del “supplemento di foto-simulazioni”, elemento ritenuto imprescindibile dal Ministero della Cultura e dalla Soprintendenza speciale per il PNRR. Il mancato inserimento delle foto-simulazioni, richieste espressamente nella Conferenza dei Servizi, rappresenta una violazione delle prescrizioni imposte: “Il progetto esecutivo deve essere integrato con un supplemento di foto-simulazioni per accertare la riduzione della sosta delle imbarcazioni ed evitare la saturazione degli specchi acquei,” ribadiscono le associazioni, citando quanto stabilito nei pareri ministeriali. 

  La loro assenza, sottolineano, “è una conferma della fragilità delle motivazioni alla base dei campi ormeggio, e dell’inconsistenza della tesi secondo cui sarebbero necessari per proteggere la posidonia.” Le associazioni non si fermano qui. Denunciano come, prima della riduzione del numero di boe operata dalla Regione Sardegna in sede di Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA), il progetto fosse di fatto volto a creare un vero e proprio polo della nautica diportistica nella rada di Porto Conte: “Si puntava a trasformare l’Area Marina Protetta in un porto diffuso, capace di ospitare anche grandi imbarcazioni, con gravi conseguenze per l’ambiente e il paesaggio.” Già durante la fase di osservazioni, le associazioni avevano segnalato l’assenza di monitoraggi e dati concreti sullo stazionamento dei natanti, essenziali per giustificare la realizzazione dei campi ormeggio. “Non ci sono analisi che documentino il numero e la tipologia delle imbarcazioni presenti, né la loro cronologia di stazionamento. Questo rende impossibile dimostrare la reale necessità di nuove boe.” Ma l’attacco più duro è rivolto alla gestione della documentazione e alla mancanza di trasparenza da parte dell’Ente Parco. “Da oltre una settimana, gli elaborati del Progetto Esecutivo non sono più visibili sul sito ufficiale,” denunciano. “Questa opacità è inaccettabile. I cittadini e i portatori di interesse hanno diritto a consultare i documenti, ma il sito del Parco è caratterizzato da pubblicazioni intermittenti, documenti non scaricabili e atti che scompaiono senza lasciare traccia.” Le associazioni chiedono una netta inversione di rotta: “Il sito del Parco deve essere semplice e accessibile, con documenti sempre disponibili e archivi ben strutturati. Non è possibile proseguire con una prassi che nasconde le informazioni e rende impossibile la partecipazione dei cittadini.” A peggiorare la situazione, il documento conclusivo del monitoraggio sullo stato del posidonieto, che avrebbe dovuto essere reso pubblico entro il 31 dicembre 2024, risulta ancora assente. 

  “Questo documento è fondamentale per poter avviare i lavori di posizionamento delle boe,” avvertono. Senza di esso, non è chiaro come si possa procedere. Le associazioni avvertono che la scelta di procedere con i campi ormeggio, in mancanza delle dovute verifiche e di un’adeguata documentazione, rischia di provocare costi elevati e limitazioni alla fruizione del mare da parte di diportisti, bagnanti e pescatori. “Non possiamo accettare che una decisione di questa portata venga presa senza trasparenza e senza una valutazione concreta degli impatti.” Il destino dell’Area Marina Protetta è dunque sospeso tra dubbi, omissioni e decisioni che potrebbero pesare sul futuro del territorio. Le associazioni non intendono fermarsi: “Vigileremo su ogni passo e continueremo a denunciare qualsiasi mancanza. L’AMP non può diventare un porto nascosto sotto il pretesto della tutela ambientale.”

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