Un salario minimo per la Sardegna: la battaglia di Todde contro la povertà lavorativa

  La Sardegna prova a rialzare la testa. Non si parla solo di bellezza naturale, di turismo da cartolina, di quella “terra felice” che spesso fa parte dell’immaginario, ma di una realtà dura e, per molti, senza via d’uscita. La realtà è fatta di salari bassi, di giovani che fuggono, di famiglie che contano le monete a fine mese, perché qui, in Sardegna, molti lavorano ma restano poveri. Non è retorica, è vita quotidiana. E in questo contesto, la presidente della Regione, Alessandra Todde, lancia una proposta che è insieme una speranza e una sfida: un salario minimo regionale. Sì, un salario minimo. Non un’idea campata in aria, ma un tentativo di rispondere a una questione di sopravvivenza per chi lavora e non ce la fa. La Todde lo ha detto chiaramente, quasi a scuotere le coscienze, durante il congresso delle Acli: il costo della vita cresce, gli stipendi restano fermi, e così tante famiglie sarde si ritrovano alla deriva, sospese in una povertà che non dovrebbe esistere per chi lavora. 

  Si potrebbe pensare a un’utopia, a un sogno lontano, ma il concetto è concreto. Significa mettere un limite sotto il quale nessun lavoratore dovrebbe mai scendere, perché la dignità ha un prezzo. Ma cosa vuol dire davvero, in termini pratici, un salario minimo regionale? Vuol dire decidere che nessuno, in Sardegna, dovrebbe guadagnare meno di una cifra stabilita, un minimo che permetta di vivere senza l’angoscia di non arrivare a fine mese. Tuttavia, il problema è che questa proposta si muove su una linea sottile: la volontà di garantire a tutti una retribuzione dignitosa e, allo stesso tempo, la consapevolezza che alcune piccole imprese potrebbero faticare a sostenere i costi. È una sfida, certo, ma per chi la vive sulla propria pelle, vale la pena tentare. Per Todde, non si tratta solo di una manovra economica. È una presa di posizione, un segnale. Perché in Sardegna la questione del salario minimo non è solo una questione di numeri. È una battaglia per la sopravvivenza sociale, per la permanenza dei giovani, per evitare che quella terra amata diventi sempre più un’isola di fantasmi, abbandonata dai suoi figli migliori. Allora sì, questa Sardegna prova a rialzare la testa e guarda al Consiglio regionale: l’appello di Todde è che si calendarizzi una legge sul salario minimo. E mentre molti potrebbero storcere il naso, parlare di sogni irrealizzabili, di utopie che il mercato non permette, lei, la presidente, lo dice chiaro: “Non possiamo restare a guardare”.

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