Povertà cronica in Sardegna: 118mila famiglie abbandonate mentre il costo della vita esplode

  La povertà in Sardegna non solo persiste, ma si radica, lasciando il 15,9% delle famiglie in una condizione di estrema difficoltà economica. La realtà è impietosa: nonostante le politiche nazionali e regionali, i numeri rimangono drammaticamente alti. A farne le spese sono i nuclei familiari che, con un potere d’acquisto sempre più eroso dall’inflazione e dall’aumento dei costi di beni essenziali come cibo, affitto e utenze, si ritrovano in bilico tra la sopravvivenza e l’indigenza. Secondo il 19° report su povertà ed esclusione sociale della Caritas regionale, una famiglia media in Sardegna – composta da padre, madre e un figlio – ha una soglia di povertà assoluta che varia tra i 1.475 e i 1.586 euro mensili, a seconda della dimensione del comune di residenza. 

  Con i salari che stagnano e l’aumento dei prezzi, questa cifra è diventata inaccessibile per molte famiglie, che faticano a fronteggiare le spese essenziali. Nel 2023, la Caritas ha registrato un totale di 58.818 richieste di aiuto, un aumento significativo rispetto al 2022 e un’impennata rispetto ai livelli pre-pandemia. Si tratta di una domanda di assistenza rivolta a soddisfare bisogni primari, come pasti, prodotti alimentari, articoli per l’igiene, supporto per l’affitto e le utenze domestiche, fino a beni di prima necessità come i biglietti per i trasporti pubblici e i prodotti per la cura della persona. Un aumento che non può essere ignorato e che evidenzia come il supporto caritatevole sia ormai una delle principali risorse per una fetta crescente di popolazione. 

  In un sistema sociale dove l’aiuto economico delle istituzioni sembra vacillare, i Centri di ascolto della Caritas, presenti in 35 comuni, si fanno carico del crescente malessere. Nel 2023, hanno accolto ben 10.919 persone, con un aumento del 14,3% rispetto all’anno precedente. È un dato che racconta di un disagio che coinvolge principalmente persone italiane (67,8%) e che colpisce duramente gli over 50, generazione che spesso si trova intrappolata in un mercato del lavoro che esclude e penalizza. Un dato allarmante che emerge dal rapporto è la condizione di povertà educativa: quasi la metà delle persone che si rivolgono alla Caritas ha soltanto la licenza media. Un livello d’istruzione basso, che spesso preclude l’accesso a lavori stabili e ben remunerati, è un fattore chiave nella spirale della vulnerabilità sociale. La Sardegna, già afflitta da un mercato del lavoro precario, fatica a offrire opportunità adeguate, lasciando molti sardi senza la possibilità di migliorare la propria condizione economica.

  La disoccupazione e il cosiddetto “lavoro povero” sono le cause principali del disagio. Molti degli assistiti dalla Caritas si trovano in condizioni di disoccupazione: giovani alla ricerca della prima occupazione, adulti licenziati o rimasti senza lavoro dopo la scadenza di contratti a termine. È un quadro che riflette una crisi strutturale del lavoro in Sardegna, dove la scarsità di occupazioni stabili e ben retribuite non è un problema passeggero, ma una costante che contribuisce a consolidare la povertà. Di fronte a numeri come questi, ci si chiede quale sia la risposta delle istituzioni. Aumentare la spesa sociale, promuovere la creazione di posti di lavoro stabili e mettere in atto politiche che favoriscano l’educazione e la formazione continua potrebbero essere strade da percorrere. Eppure, le misure adottate sembrano spesso insufficienti o non mirate. In una regione dove il costo della vita continua a crescere, con salari che non tengono il passo, il supporto alle famiglie in difficoltà appare più che mai urgente e necessario. La situazione sarda è un campanello d’allarme che dovrebbe far riflettere sulle vere priorità dell’agenda politica: senza interventi concreti per il sostegno delle famiglie in difficoltà e la creazione di opportunità lavorative, il rischio è quello di vedere la povertà trasformarsi da emergenza in realtà cronica.

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